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Consapevolezza

La consapevolezza è il fine intrinseco al pensare. L’arte del pensare in modo conforme alla realtà è creatività strutturata “logicamente” nei suoi quattro livelli di logica: intellettuale, immaginativa, ispirativa, ed intuitiva. Il massimo punto di arrivo della logica, quando essa è conforme alla realtà, vale a dire concreta, piena di contenuto, è infatti la consapevolezza. Se io sono concretamente consapevole che lì c’è una curva, non vi entro a 200 all’ora...
Qualsiasi altro fine dipende dalla consapevolezza, la quale è in realtà la salute stessa di tutto l’organismo sociale.
L’organismo sociale è composto da esseri umani, e l’umanità da uomini e donne.
Nelle donne, la categoria dei pensatori è carente per crisi ontologica, o logica, o del logos essenziale, e/o dell’io, incapace di riconoscere l'altro da sé, ecc. La veracità intrinseca delle cose del mondo è un’esigenza della consapevolezza, la quale se non adempiuta pregiudica la vita del pensare. D’altra parte se il nostro pensare è talmente “debole”, o “femminile”, da non essere in grado di accogliere il nuovo, tale esigenza insoddisfatta pregiudica la consapevolezza, ed anche se trasformare il passato è facilissimo(1), non si può che ritornare al passato senza possibilità alcuna di migliorarlo.
Se si accetta per buona la sapienza essenziale dell’antichità o della moderna scienza dello spirito, sostanzialmente concordi nell’affermare che la natura umana maschile è spirito impregnato di materia, mentre quella femminile è materia impregnata di spirito, si può accettare da un lato che il benessere della natura maschile consiste nell’accogliere dalla natura femminile i livelli superiori della logica, vale a dire il livello immaginativo, quello ispirativo, e quello intuitivo: ciò conferisce elasticità mentale al suo immateriale “motore immobile”; dall’altro che la natura femminile deve, per star bene, accogliere dalla natura maschile il livello intellettuale, che è il primo dei quattro livelli logici: ciò conferisce interiore coerenza col mondo esterno materiale.
È certamente vero che in merito ai problemi pratici e materiali, la donna è in genere più coerente dell’uomo, dato che l’uomo rischia maggiormente di perdersi nel mero intellettualismo. Ma anche la donna può perdersi: quando il mero empirismo, o il mero empiriocriticismo, o la mera sensitività, ecc., predominano nel suo pensare. Faccio un esempio: se di fronte ad un problema filosofico, o esistenziale, o sociale, del marito, la moglie risponde con la risoluzione: “Vai a lavorare e porta i soldi a casa”, questo è sintomo di carenza di consapevolezza, e di carenza di umanità. Altro esempio: se di fronte all’ingiusta pena inflitta a Giordano Bruno, che nel 1600 fu arso vivo dalla chiesa cattolica romana nel Campo dei Fiori a Roma, io affermo che è giusto che sia così perché legge e ordine sono esigenze sociali, assumo come pensiero elementi astrattamente sensoriali, non distinguendo in me fra percezione e concetto e, credendo che tutto sia percezione, sento che è giusto così: perché è sempre stato così, dato che il male nel mondo c’è sempre stato, e così le ingiustizie! Ma questo non è altro che perbenismo borghese, che porta al decadimento nel passato, in quanto le cose vecchie non vengono eliminate, ed anziché introdurre cose nuove adatte ai tempi si persevera nel vecchio e per di più in errori antichi: non si crea alcunché di buono, e ci si comporta con la medesima assenza di creatività delle donne, le quali però, sono in certo modo giustificate nella loro assenza di logica. Infatti la donna è matrice naturale del nuovo, in quanto genera prole, e manifesta naturalmente il nuovo. “Nove” in latino è un avverbio che significa “nuovamente”. Ed il bambino nel grembo materno impiega NOVE mesi pere venire alla luce.
Ma dal punto di vista del pensiero intellettuale la donna è generalmente “cerebralmente morta”. La medicina ufficiale considera morta una persona in stato di “morte cerebrale irreversibile”. Non intendo questo. La “morte cerebrale” della donna, anzi dell’elemento femminino di ogni essere umano, è una specie di defaillance del cervello a livello spirituale: una vera e propria interruzione della connessione tra il sistema neurosensoriale ed il sangue. Se la connessione tra circolazione e nervo è interrotta, non può più esservi interazione fra loro: non vi è scambio di azione tra sistema nervoso e sangue, cioè fra moto interiore ed io, e ciò comporta l’impossibilità di sperimentare la realtà esterna per mezzo del sistema nervoso.
Certamente la coscienza superiore femminile si attiva, ma solo come realtà esperienziale della propria emotività. L’“animalismo” prende allora il posto del pensiero, dato che anche gli animali comunicano fra loro.
Si grugnisce anziché ragionare. Si fiuta cocaina anziché pensare, perché fiutare il mondo è scambiato per pensiero. Il sentire è sostituito col - e creduto essere il - pensare! In tal modo il mio simile, col suo problema psicologico, o filosofico, o esistenziale, o sociale, non c’è più. Scompare con l’atteggiamento tanto femminile quanto moralista e piccolo-borghese di chi dice: “Vai a lavorare!” La risoluzione di tutto è: vai a lavorare! Vale a dire: sii schiavo, perché è sempre stato così! Tutto cambia affinché tutto rimanga come prima! Il “gattopardismo” poggia, appunto, su questa mentalità borghese e perbenista, ben lontana dalla consapevolezza.
Il padre di questa concezione gattopardesca dell’involuzione sociale è senz’altro Ernst Mach (1836-1916), il filosofo che scrisse fra l’altro “Filosofia di come pensare il mondo secondo il principio dello sforzo minore” (“Philosophie als Denken der Welt gemäss dem prinzip des kleinsten Kraftmasses”)(2)!
Mach è l’incarnazione stessa di questa mentalità piccolo-borghese del perbenismo. La sua era la “filosofia di Stato” di allora, estrema conseguenza di metodi scientifici del bestialismo materialistico pratico, metamorfosati in pensiero sociale.
Oggi le cose non sono gran che cambiate. Sono peggiorate, dato che non sono più solo le scuole di Stato oggi a proporre tale bestialismo: siamo tutti. È proprio la parte che in noi si rifiuta di affrontare i problemi alla radice a proporre il bestialismo, in quanto l’ondata di sentimento del pensiero sociale scientico-materialistico ci travolge dicendoci: “Dato che è sempre stato così, è inutile muoversi per cambiare, perché tanto è tutto maia, tutto è illusione…”. È il pensiero new age! Nuova forma della filosofia del minimo sforzo di ragionamento: l’avvento del pensiero debole…
Nel diffondersi, questa ondata afferrò e continua ad afferrare il pensiero sociale, diventando potenza assolutamente distruttiva di tutta l’umanità.
Salta fuori un Nanni Moretti che dice: la forma è sostanza, e nessuno si chiede cosa sia la sostanza, cioè “ciò che sta sotto”. Cioè: se la “sub-stantia” è forma, allora sotto la pelle umana, che determina la forma umana, cosa c’è un’altra pelle? Forse è davvero così: il trasformismo del serpente, che cambia pelle, ha probabilmente bisogno anche di queste insufficienze di pensiero.
Oggi, è questa la “moda del pensiero debole”! Ed è giusto che sia così. Perché solo avvertendo la debolezza, ci si può rimettere in forza.
Infatti, come la pelle è il segno delle condizioni di salute del corpo, così la moda riflette fenomeni sociali sostanziali.
Herbert Spencer, notando la polarità "moda"-"cerimoniale", ne coglieva le differenti finalità affermando che il cerimoniale ha lo scopo di rendere percepibile la differenza tra chi sta in alto e chi sta in basso, fra autorità e chi deve sottostarvi(3). La parola latina "caerimonia" indica venerazione di cose sacre, resa visibile dal comportamento. E infatti il “cerimoniale” è il rito magico, che comincia ad avere vigore quando chi sta in alto ed ha potere è percepito come qualcosa di sacro, che il cerimoniale appunto ha il compito di rendere pubblicamente percepibile; invece la moda tende a rendere chi sta in basso e chi sta in alto simili nell’aspetto.
E Simmel rilevava che in Europa l’affermazione della moda era in fondo l’ascesa della borghesia(4), la quale riduceva le distanze tra sé e l'aristocrazia, ma contemporaneamente accentuandole rispetto al proletariato: “la moda è imitazione dei comportamenti delle classi più elevate ma, contemporaneamente, volontà di differenziarsi dalle classi inferiori, così che nei continui cambiamenti della moda si rispecchia l'irrequietezza sociale, il bisogno di riformare, trasformare, ciò che esiste”(5).
Però ugualmente non cambia alcunché: dato che si tratta di un bisogno che non può essere provato da chi abita questi due poli della scala sociale: infatti chi sta in alto è potente e sta bene, non può ricevere altro che danni dalle riforme, dunque qui vige l’immobilismo; all’estremo opposto, vige ugualmente l'immobilismo, dato che vi è impotenza, e per di più pensiero sempre più debole, che entra nelle coscienze dei cittadini tartassati e scientificamente persuasi che è giusto che sia così, dato che il noto adagio nichilista materialistico pratico afferma sempre che “Non esistono verità e certezze definitive… Dunque cosa ti muovi a fare?”.
Da entrambi le parti dunque, l’immobilismo è glorificato!
Chi vuole allora davvero le riforme?
Gli unici che possono volerle sono quelli che stanno in mezzo, cioè fra un polo e un altro, in quanto possono avere sia la forza di cambiare le cose, sia da guadagnare cambiandole.
Ma cambiare le cose che significa?
Vuole forse dire che per cambiare basta dire, “denunciare”, intendendo la “denuncia” come un primo passo verso una “presa di coscienza”, capace di cambiare davvero le cose, a partire dal “basso”?
La risposta della new age e dell’orda degli attuali filosofastri a questa domanda è: medico cura te stesso, cambia te stesso, perché tutto è già stato detto; già Hegel diceva per esempio che la storia è fatta dai servi (che si differenziano tanto dai padroni quanto da chi muore di fame); e questo fenomeno non fu forse già riproposto nelle società di massa, dove fu il proletariato a ridurre le distanze rispetto ai modelli borghesi? Inoltre, sul piano dell’apparenza, il processo di distruzione del cerimoniale borghese è, anzi, già concluso, dunque…
Infatti oggi una commessa ha per quasi tutta la giornata il medesimo aspetto della principessa d'Inghilterra o della figlia del grosso industriale. Ma appunto si tratta di un’eguaglianza e quindi di democrazia apparente!
Il potere si è trasferito altrove.
Eppure, l’apparenza, l’immagine, ha un peso che non aveva in passato: tutto ciò che conta, non può rimanere nascosto, privato, chiuso nell'intimità, ma deve diventare pubblico, visibile a tutti! Perché questo è sempre accaduto per il potere. Potente è chi viene riconosciuto tale dalla società. E oggi questo accade anche per la felicità: felice è chi è riconosciuto tale dagli altri; e questo riconoscimento si produce sostanzialmente quando SI SEMBRA FELICI!
Ecco perché nei Paesi industrializzati la moda consente alla gente di sembrare felice, elargendo al cittadino una porzione di ciò che per la nostra cultura è felicità reale. A raddoppiare tale apparenza, identificando quella porzione di felicità alla felicità piena e completa, ci pensa poi la pubblicità.
È l’avvento dell’uomo felice e giocherellone secondo la moda? Come sono felice! Non manco di nulla! Che bello!
Certo, la moda è oggi una delle forme più importanti d’investimento, e l'anima della moda esprime nel modo più diretto l'anima del capitalismo, cioè l'anima dell'uomo nuovo che si libera da ogni ordinamento immutabile e da ogni cerimoniale che lo consacra. Perciò la moda è in sintonia con i tratti di fondo della cultura contemporanea, che non crede più in verità assolute e definitive. “L’apprezzamento di Nietzsche per l'incerto, l'effimero, il mutevole, l'imprevisto” - afferma Severino“non solo è convergente con lo spirito del capitalismo, ma è la giustificazione più perentoria della moda e del suo estendersi a tutti gli aspetti della vita. Se Leopardi non apprezza l'effimero, considera però una follia credere nell'eterno. La moda e la morte sono entrambe figlie della caducità, ma non esiste nient'altro che la caducità: nelle cose e nella loro conoscenza. Anche il pessimismo di Leopardi è in sintonia con lo spirito che sostiene il capitalismo e il mondo contemporaneo”(6).
Dunque diventa moda tutto: non solo l'abbigliamento, l'arredamento, il mezzo di trasporto, il comportarsi, il mangiare, il dormire, e il divertirsi, ma anche le informazioni sul mondo, il giudizio su ciò che è bello e brutto, le convinzioni intorno a ciò che è bene e male. La verità stessa diventa una moda, dato che la verità di moda oggi è che non ci sono certezze di verità!
A questo punto si può dare risposta al senso del cambiare. Cosa significa cambiare?
Per cambiare non basta parlare, “denunciare”, dato che qualsiasi affermazione di verità oggi diventa condannabile (ed anche se si può dimostrare che tale condanna è un equivoco dell’Occidente, la verità di moda oggi condanna anche quella dimostrazione, in quanto si è in grado di dimostrare tutto e il contrario di tutto).
Dunque, se non esistono verità e certezze definitive, L'UNICO VALORE CHE RIMANE È LA CAPACITÀ DI IMPORSI SUGLI ANTAGONISTI.
Cambiamento è dunque diventare capaci di imporsi.
Di fronte ai turbamenti provocati da coloro che vogliono tenere divisi i cittadini sul “chi ruba di più”, al fine di dominarli imponendo loro la loro “democrazia”, la più sanguinaria dittatura denarocratica mai esistita a favore di certe banche e di certe multinazionali, di fronte a questi criminali, calunniatori, falsi cristiani, falsi filosofi, chierici traditori del terzo millennio, falsi politici, falsi amici o false amiche, non vi è dunque altra via se non quella indicata da Gesù di Nazaret, cioè imporre se stessi attraverso il sacrosanto diritto di epicheia: BASTA CON LA TASSAZIONE. NON PAGO PIÙ. L’EVASIONE FISCALE È, FINO A PROVA DEL CONTRARIO, DIRITTO DI EPICHEIA CRISTIANA!
Cambiamento è dunque consapevolezza CAPACE non solo di annunciare verità continuamente messe in astratta discussione da chi fa il gioco dell’antistato contro lo Stato, attraverso i soliti slogan gattopardiani favorevoli a combattere l’evasione fiscale, ma di PRATICARE tale verità. La verità su banchi e cambiavalute, su moneta debito e moneta credito! E praticarla soprattutto anche rovesciando i banchi dei CAMBIAVALUTE INTERIORI, attraverso il coraggio di dire pane al pane e vino al vino, o sepolcro imbiancato al sepolcro imbiancato, o razza di vipere alle razze di vipere, oppure ancora dicendo: “QUESTA CHE DICI È UNA CAGATA PAZZESCA”, ogni volta che si è di fronte ad una cagata pazzesca. È il messaggio di Fantozzi? Certamente. È il senso.
Ma occorre imporsi cristianamente.
In un modo o nell’altro.
D’altra parte la moda di oggi è appunto dare il proprio consenso a ciò che è via, via, capace di imporsi, sia esso una forma di abbigliamento o di percezione del mondo.
Occorre il coraggio della verità. Questo è il cambiamento: l’introduzione in me della potenza che lo Stato antiuomo e antistato sistematicamente mi toglie.
Chi sa ragionare si accorge infatti che vi è un profondo legame fra moda e potenza.
Certo, oggi, il cittadino, dando il suo consenso alla potenza dei “signori” - per esempio a potenze come quella dei signoraggi bancari - può solo impadronirsi di briciole delle novità capaci di imporsi: non può impadronirsi dell’apparato che produce le novità, né di quelle novità - disponibilità monetaria, armamenti, conoscenze - che consentono il controllo di tale apparato.
Ma la moda è in ogni caso destinata “a diventare sempre di più il riconoscimento della cangiante configurazione del mondo, prodotta dalla potenza suprema della scienza e della tecnica”(7)!
Perciò le riforme, il cambiamento, non stanno solo negli argomenti intellettuali new age del “cambia te stesso”, ma nell’IMMISSIONE DI VOLONTÀ NEL PENSARE, al fine di rafforzarlo, eterizzarlo, conferirgli forza vitale, guarirlo.
Occorre la capacità di percepire il tempo del volgimento, se si vuol cambiare. Se non si percepisce che è arrivato il tempo in cui sempre di più il lavoro sarà svolto dalle macchine, è inutile e completamente cretino oggi affermare l’etica del lavoro con frasi come: “Vai a lavorare”, rivolte magari a chi si accorge che il problema del lavoro è appunto questo, cioè che esso sarà sempre più sottopagato, proprio perché già ora viene sempre più svolto dalle macchine. L’etica del lavoro è una cagata pazzesca? Sì. È così: OGGI L’ETICA DEL LAVORO È UNA STUPIDAGGINE! IL PENSIERO FEMMINILE, IL PENSIERO DEBOLE, DISTRUGGE IL MONDO.
È tempo di epicheia cosmica. Questa è la consapevolezza.
La veracità intrinseca è pertanto necessaria se si vuole accogliere consapevolmente nel tempo del volgimento le problematiche della convivenza sociale, altrimenti si creano solo pressioni, sempre più acuite da quella razza di pensatori “elucubratori” che, odiando la verità, ragionano esclusivamente come è imposto loro dall’alto.
Consigliabile per costoro è allora farsi ispirare dalla quiete della notte. Solo la notte non rimuove la verità, grazie ai sogni!

Il "Washington Consensus", cioè l’insieme dei dogmi economicisti che da 40 anni viene imposto alla cieca alla vita economica degli Stati mondiali, è massimamente in crisi, dato che è messo in discussione perfino dal fondo monetario internazionale (FMI) stesso. Per il "risanamento" dei Paesi indebitati (praticamente tutti), il FMI faceva, con denaro creato dal nulla, cioè senza alcuna garanzia aurea, abolita nel '71 con la fine degli accordi di Bretton Woods, "prestiti" che condizionava a misure draconiane: il Paese debitore avrebbe dovuto abolire i dazi ed aprirsi alle importazioni estere, secondo l'antico adagio di Smith: “Anziché produrre merci, acquistatele dai paesi che le producono al minor prezzo”; avrebbe dovuto poi svalutare la sua moneta per rendere più competitive le sue esportazioni, e usare i guadagni non per costruire infrastrutture necessarie alla sua società (strade, scuole, centrali elettriche, sistema sanitario, ecc.), ma per saldare il "debito" alle banche creditrici. Secondo il "Washington Consensus", questa ricetta avrebbe attirato investimenti esteri e prodotto crescita nei Paesi debitori. Di fatto, è avvenuto esattamente il contrario, cioè fallimento totale: dal Messico alla Russia, e dalla Russia all’Asia Orientale, fino alla bancarotta dell’Argentina, questo stile smithiano, che sostituisce il vuoto di idee, continua pertanto, fino a prova contraria, a rivelare la sua deficienza, cioè la rovina globale: un alluvione di merci, destinate a Paesi il cui potere d’acquisto continua a scendere, per cui le merci finiscono per restare invendute. Poi, quando l’Argentina violò il tabù fantozziano, affermando il diritto sovrano di non voler più pagare i creditori (in realtà sono truffatori, dato che non hanno il valore della cartamoneta che prestano) e il "Washington Consensus" previde per l'Argentina rovina e fuga di capitali, anche qui è avvenuto il contrario: dopo qualche anno di difficoltà, ora l'Argentina cresce del 7% annuo, e le banche fanno a gara per offrirle nuovi "prestiti".
E in Italia?
Oggi in Italia siamo economicamente governati da tre deboli di pensiero, Padoa-Schioppa, Monti, e Draghi, i quali come sacerdoti delle dottrine del "Washington Consensus", che continuano ad imporre alla gente, non sapendo fare altro, ed evidentemente non avendo alcun'altra idea, benedicono parole come "liberalizzazione", "privatizzazione", "flessibilità", "moderazione salariale", ecc., per risolvere la "competitività" con la Cina. E mentre perfino il FMI si è accorto che il "Washington Consensus" è finito, loro no: costoro continuano imperterriti, perché quella è la sola idea che hanno in testa. Avendo la testa quadrata come un computer, continueranno ad applicare quella medesima idea finché qualcuno non cambierà loro il software. Il nuovo software dovrebbe consistere nel dichiarare i popoli proprietari della propria moneta, cioè proprietari dei risparmi che creano, creando benessere col sudore della propria fronte. Ma per l'installazione di questo nuovo software occorre il coraggio della memoria, oppure quello della verifica di essa: nel 1885 infatti Marx svelò nel Capitale (Libro 1, capitolo 24, paragrafo 6, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 817-818) i tratti truffaldini del meccanismo su cui stavano crescendo le banche centrali. Dunque, fino a quando non si corregge l'errore, anziché rimuovere dalle coscienze sia la memoria che il coraggio, non si può che continuare con le idee di Smith o di Keynes: quando lo Stato ha bisogno di soldi, si rivolge alla banca centrale europea (BCE). Alla BCE stampare una banconota da 50 euro costerà 5 o 6 centesimi di euro. Ammettendo che sia così, il cittadino allora si chiede: quanto paga lo Stato alla BCE per quella singola banconota? La logica vorrebbe che pagasse 5 o 6 cent, più un margine di guadagno. Ma non è così. Per una banconota da 50 euro, che dovrebbe costare 5 o 6 cent, più quel margine di guadagno, lo Stato paga alla BCE 50 euro più gli interessi! Questo trucchetto si chiama signoraggio, ed è causa di molti mali tra cui il debito pubblico e la forte tassazione degli Stati sui cittadini. Tutti parlano di debito pubblico: giornalisti, politici, presentatori, uomini di spettacolo… Ma nessuno dice come si forma. Se fossero i cittadini ad essere proprietari della moneta, non pagherebbero di certo il “debito” alla BCE (che oltretutto è una banca privata con scopo di lucro, ed i cui soci azionari sono le varie banche nazionali, le quali a loro volta hanno come soci azionari banche minori e grossi gruppi assicurativi). Urge trasformare il signoraggio in reddito di cittadinanza per impedire le guerre! Certo la salute dello Stato si chiama guerra, e Smith credeva cosa buona e giusta finanziare guerre attraverso le tasse. Però sarebbe davvero ora di finirla con queste fesserie.

la parte in blu è stata pubblicata
il 23 luglio 2006 dal quotidiano piacentino "Libertà":
Come il vento soffia sul lago e muove la superficie dell’acqua, così si manifestano in te i visibili effetti dell’invisibile, nella misura in cui ti liberi dai pregiudizi in merito alla verità.
Il porco che sgrufola nel guano, e il pesce che guizza via al primo sensibile cambiamento intorno a sé, essendo gli animali meno spirituali, sono anche quelli che si lasciano più difficilmente influenzare. La forza della veracità intrinseca deve raggiungere un alto grado allora prima che la sua influenza si estenda anche su simili creature: “trovandosi di fronte a tali persone caparbie, difficili da influenzare, tutto il segreto del successo dipende dal trovare la via giusta per ottenere acceso al loro animo. Bisogna prima rendersi del tutto liberi dal propri pregiudizi. Bisogna lasciare che la psiche dell'altro agisca su di noi rimanendo completamente ingenui; allora ci avviciniamo interiormente a lui, lo comprendiamo ed otteniamo potere su di lui, di modo che la forza della nostra propria persona acquista influenza sull'altro attraverso la porta aperta”(8).
Quando farai così, e nessun ostacolo ti risulterà insuperabile, potrai intraprendere anche le cose più pericolose, e vi riuscirai.
Solo è importante comprendere su cosa basa la forza della veracità intrinseca che la consapevolezza di oggi richiede.
Essa non si basa sull’intimismo sentimentale o su solidarietà segrete, dato che tali intime solidarietà possono esserci anche fra briganti.
In tal caso vi è, sì, una forza, ma questa non porta salute, perché non è invincibile, e procedere in base ad interessi comuni può continuare ma solo fino a un certo punto, e dove termina la comunanza d’interessi termina anche la solidarietà, e la più intima amicizia si capovolge spesso in odio…
Solo dove la base è la rettitudine e la costanza dell’epicheia cristiana, cioè dell’io, l'unione rimane tanto solida da superare qualunque cosa, dato che essa trae la sua origine non da debolezza ma da chiarezza superiore.
La verità è sinfonica, ed ogni essere umano non imbestialito ha, nel suo piccolo, la potenzialità di portare alla luce e svelare ai suoi simili, molti dei misteri occulti che costituiscono la verità. In definitiva la scelta è: o uso il mio denaro per trarre il massimo vantaggio per me (il che significa sfruttare gli altri), oppure lo uso come strumento per dedicare al meglio i miei talenti agli altri, nella gioia di andare incontro ai loro bisogni.
Questa piccola-grande scelta decide le sorti dell'umanità.
Il pensiero debole ha bisogno di questo ricostituente.
Ecco perché il potere della consapevolezza è una CURA (RI)COSTITUENTE anche per l’Italia.
Ha diritto di chiamarsi Rivoluzione solo l’azione rinnovatrice che scaturisca da un tale mutamento di coscienza, ossia dal coraggio interiore di uomini capaci di comprendere che cosa deve veramente essere superato nell’individuale natura, perché il rinnovamento abbia inizio.
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(1) Cfr. “I KING”, Esagramma 24, FU, IL RITORNO (IL TEMPO DEL VOLGIMENTO), Ed. Astrolabio.
(2) http://www.marxists.org/archive/lenin/works/1908/mec/six5.htm
(3) in E. Severino, “La bilancia. Pensieri sul nostro tempo”, Ed. Rizzoli, Milano, 1992.
(4) Ibid.
(5) Ibid.
(6) Ibid.
(7) Ibid.
(8) “I KING”, Esagramma 61, CIUNG FU, LA VERITÀ INTRINSECA, op. cit.