15.4.06

Via 1ª = 01-08

Socializzazione degli egoismi

Il tuo potere autoespressivo e di creatività (esagramma 01) attrae l'attenzione altrui, e nella misura in cui esso è ricerca evolutiva dei migliori modi dell’agire, esige la solitudine dell’elaborazione interiore. In tal modo lavorare per il bene collettivo consegue al lavoro interiore, e la creatività si fa sempre più libera e disinteressata. Ciò promuove in te anche la facoltà negoziale di arti e idee, in quanto l’immaginativa morale, che alberga in te secondo le “leggi della solidarietà” (esagramma 08) è notevole. Infatti sapere interessare la gente su ciò che è bello, equo, e vero, è tipico di chi in base a tali “leggi” riesce a promuovere qualcuno o qualcosa. Anche quando non tutti ti seguono, occorre tirare avanti da soli per la nostra strada. Questa è la strada della socializzazione degli egoismi. E vale per il tempo presente. Senza immaginativa morale (esagramma 01) l’uomo sarebbe sempre alla ricerca di leggi morali dirette da fuori di sé, oppure di qualcuno che abbia le qualità del leader a cui potersi ispirare. Nel regno umano, invece, creatività e solidarietà vivono insieme, e ciò forma l’individuale potere di conoscenza immaginativa e del relativo comportamento morale. Che lo studio seguente dell’uno e dell’otto ti siano propizi.

Esagramma 01: Il creativo
Il successo umano deriva da creatività cosmica proveniente da profondità primordiali in cui vige l’“indivisibilità” del benessere. Prendere coscienza di tale indivisibilità, è prendere coscienza dell’Uno rispetto al molteplice. Per esempio, chi pensa solo al proprio interesse economico e crede di poter separare il bene proprio da quello degli altri, dimostra di non saper fare il proprio interesse.
La tua e altrui felicità possono attuarsi solo perseverando nell’equità. Perché la creativa luce primordiale dell’Uno e quella attiva nello spirito umano sono la medesima realtà, la cui qualità intrinseca è la forza di muoversi svincolata da qualsiasi condizione spaziale o fissità.
La luce è immateriale e non può essere misurata. La sua immagine è il cielo, e il celato traspare nell’umano in quanto moto fondato sul tempo. La potenza del tempo è nell’uomo perseveranza nella durata della sua creatività; nel cosmo è incontrovertibilità dell’operare divino. L'azione creativa di tale operare forma nei popoli il cittadino sovrano, guidandoli e svegliandoli tramite forza stellare nella loro natura superiore da sviluppare come fiore primaverile.
L'inizio di tutte le cose sta in questo unitario mondo spirituale sotto forma di idee che devono ancora realizzarsi. Nel regno umano tale inizio è insito nella forza di conferire forma a queste immagini primarie delle idee, come quando il colare di pioggia dall’alto e dal basso (Genesi 2,6) verso ogni singolo ente, conferisce nuovamente loro ogni forma.
In questo consiste il successo umano: osservare in tempo reale la luce di cause ed effetti, secondo il culto della luce di ogni tempo, e del tempo presente, che ha la forza di vincere l’anacronistico drago, avverso al riconoscimento e alla realizzazione del senso universale delle cose. Il senso è tuttavia percepibile nei fenomeni condizionati dal tempo, il quale conferisce loro l’inizio e la fine.
Nella misura in cui ogni gradino raggiunto è contemporaneamente preparazione del successivo, questo tuo potere non ha fine: perché il tempo è il mezzo, non l’impedimento per realizzare il possibile, secondo le salde leggi di ogni avvenimento, capaci di creare anche stati durevoli.

Esagramma 08. Solidarietà
La solidarietà è la forza unitiva che collega i singoli esseri umani come gocce della medesima acqua. L'immagine dell’acqua che sulla terra scorre raccogliendosi dovunque la esprime simbolicamente, per es., nel mare dove si radunano tutti i fiumi.
Quando la consapevolezza sociale si risveglia, la riflessione pensante riconosce la fraternità reale come scoperta della solida­rietà economica, secondo la qua­le tutti abbiamo bisogno di tutti. Allo stesso modo riconosce che le tre idee di “fraternità”, “libertà”, e “uguaglianza”, essendo tri-unitarie, possono attuarsi solo nelle loro rispettive e tri-articolate sfere naturali: la prima, nella sfera economica, la seconda, nella sfera culturale-spirituale, e la terza, nella sfera politico-giuridica. Diversamente, cioè fuori dai loro rispettivi canali di attuazione, esse vengono subito distorte da forze contrarie all’evoluzione dell’umanità.
Chi sa riconoscere che la cooperazione degli uomini nella vi­ta economica deve fondarsi su quella fratellanza che sorge dall­’associarsi, non può pertanto disconoscere la rela­tiva indipendenza mirante a realizzare l’impulso della libertà nel campo spirituale-culturale, né quella del sistema del diritto pubblico, riguardante i rapporti puramente umani da persona a persona mirante ad attuare ­l’idea di eguaglianza. Perché solo comprendendo la vita dell’organismo sociale attraverso i rapporti di tale principio tri-unitario è possibile avvicinarsi alle “leggi della solidarietà” (Cfr. I King, Ed. Astrolabio, pag. 94), secondo un pensare non meramente logico ma conforme alla realtà.
Solo così, cioè attraverso riforme del diritto societario riguardanti l’attuale dominio della carta (persona giuridica nel linguaggio giuridico) sulla carne (persona fisica), si può impedire all’astratto di dominare il concreto, e promuovere la liberazione degli schiavi o dei deboli.
I deboli possono solidarizzare fra di loro solo per l'influenza di ferma determinazione a volere, rinvenibile nella loro individuale sindéresi, cioè nell’interiore posto direttivo, assunto come necessario e imprescindibile criterio d'unione: non si tratta di aggregarsi ad altri per completarsi reciprocamente e favorirsi in solidarietà nel regno della quantità, ma della qualità. Per un tale raduno vi deve essere un centro qualitativamente riconosciuto attorno al quale raccogliersi.
Ecco perché diventare il centro di raccolta di collettività umane è cosa difficile e di grande responsabilità: occorre grandezza interiore, coerenza, e forza per farlo.
Per stabilire se si è all’altezza di tale qualità di impresa e radunare soci attorno a sé, occorre dunque esaminare se stessi. Il sigillo di chi è chiamato ad associarsi non è qualcosa di anacronistico, come per esempio l’individualismo egoistico partitocratrico-economicistico, né astrattamente velleitario, astrologico, o magico. È esclusiva conformità alle esigenze sociali del tempo presente, e consiste nell’idea di socializzazione degli egoismi. Qui, l’esagramma 08 si collega all’esagramma 01, esattamente come nel campo musicale i suoni si ricollegano alle relative ottave.
Oggi è infatti tempo di prendere coscienza dell’indivisibilità del benessere: i tempi hanno infatti dimostrato che ciò non può avvenire col buonismo o con il volontarismo (per es.: no profit, volontariato, catechismi vari, ecc.).
Le filosofie del sentimento (cattolicesimo) e della volontà (il contenuto del concetto di volontà qui inteso non riguarda la mera intenzione a volere, che è ancora determinazione del pensare (sistema nervoso), bensì la volontà in atto (sistema metabolico), cioè il consumo di energia, o ATP, per esempio: l’attivismo, lo statalismo, o il “dover essere” kantiano inteso come mera esecuzione di ordini) hanno infatti dimostrato che non possono nulla senza trasformarsi in filosofie del pensare e della libertà di pensare. Oggi occorre riconoscere che l’interesse non è un male, e che “inter-essere” è l’unica forma possibile di associarsi. Ecco perché “chi crede di poter separare il bene proprio da quello degli altri, dimostra di non saper fare il proprio interesse”.
“Epicheia”, cioè “equità”, è la parola chiave del presente e del prossimo futuro, in quanto è
riforma del diritto societario tendente ad attuarsi secondo giustizia reale, vale a dire non secondo il rigore della legge, ma secondo natura e convenienza di tutti. Questa è infatti l’era dell’“acquario”, portatrice di consapevolezza e di giustizia reali. La parola “equo” risuona anche dall’antico “equus”, “cavallo”. I soldati che combattevano a cavallo erano i cavalieri e i cavalieri più importanti erano quelli di Re Artù che sedevano alla Tavola Rotonda, quindi ordinati non secondo la solita gerarchia di tipo piramidale, ma secondo ordine naturale di tipo circolare o sferico, in cui i molteplici “raggi” si rapportino al medesimo centro: secondo uguaglianza, libertà e solidarietà: e solo a questo ordine, nel futuro, l’umanità si dovrà attenere. Ecco perché ai legislatori, che ancora regolino collettività attraverso fiscalità, iniquamente imposte, spetta innanzitutto il compito della riforma del diritto societario.
Anche se da 2000 anni esistono i vangeli, non sappiamo molto dell'idea di Gesù sui tributi a Cesare. Oggi Cesare è il popolo! Così dobbiamo predicare al mondo una nuova morale delle tasse perché essa non esiste ancora. Oggi è necessario che il singolo individuo abbia un criterio, e decida di vivere conformandosi ad esso, generando dentro se stesso impulsi morali.

Via 2ª = 02-14 (in fieri)

Via 3ª = 03-60 (in fieri)

Via 5ª = 05-15

Potere del ritmo

Il potere del ritmo è il potere statale del diritto e il potere del cuore: perché ogni battito ha giustizia temporale e periodica in se stesso. Lo Stato è infatti il cuore dell’organismo sociale, e là dove lo Stato è anacronistico o interferisce periodicamente in campi che esulano dalla sua logica, come per esempio quella del mercato o quella della ricerca, si affanna e si ammala, generando malore in tutto l’organismo sociale.
In ogni cittadino, la percezione di sé attraverso la capacità di attendere i ritmi fissi e di rispettare i ritmi altrui, conferisce sovranità.
Il potere del ritmo riguarda infatti la sovranità della collettività. Esso scandisce un ritmo fisso universale, valido per tutti gli esseri, e conferisce nel singolo un senso di sicurezza, derivante dal fatto che tutto segue un ritmo universale.
Ecco perché chi ha questo potere genetico ama, da un lato, avere ritmi fissi e precisi nella sua vita, e quindi tende ad essere abbastanza metodico, ma non negandosi, dall’altro, il piacere di ritmi estremi, usando, sempre nella comprensione degli altri, ritmi di vita molto differenti, e preferendo la propria libertà di fluire, nell’accettazione della immensa diversità di tutte le forme viventi.
Questo tuo potere di armonizzare cosmicamente i tuoi ritmi personali ti dona un particolare magnetismo: la tua abilità di accettare senza giudicare i ritmi degli altri consiste nella tua particolarmente luminosa aura e amplifica il potere e l’attrazione del tuo monopolio magnetico.
Tutti gli esseri hanno bisogno di essere alimentati dall’alto. Ma l’elargizione di alimento ha il suo tempo e bisogna attenderlo. Le nuvole nel cielo elargiscono la pioggia che rallegra tutto ciò che cresce, munendo l’uomo di cibo e bevanda. Questa pioggia viene a suo tempo. La vera forza non agisce precipitosamente davanti al pericolo ma sa attendere, mentre è solo la debolezza che davanti al pericolo finisce con l’agitarsi, dato che non ha la pazienza di attendere.
Nella misura in cui sei verace hai luce e riuscita. Persevera riuscirai. Attendere non è vano sperare in quanto hai la certezza interiore di farcela. Solo questa certezza interiore da’ l’unica luce adatta alla riuscita, e ciò ti porta a perseverare promuovendo in te salute e forza per il tuo percorso.
Se un pericolo ti sta davanti, devi superarlo. Debolezza e impazienza non ti servono. Solo il forte può affrontare il suo destino, dato che è capace di perseverare nell’attesa (esagramma 05) e nella sua interiore sicurezza: vera forza. Questa forza si manifesta attraverso veracità inesorabile. Sai vedere le cose come sono, guardandole diritte in faccia. Ecco perché dagli avvenimenti sai scorgere la luce necessaria a riconoscere la via per riuscire. A questo riconoscimento deve seguire decisamente il tuo agire perseverante: poiché soltanto se si va decisi incontro al proprio destino si può affrontarlo. Allora si può attraversare la grande acqua, cioè decidersi e superare il pericolo.
Le nuvole che salgono nel cielo offrono l’immagine dell’attesa. Così l’essere umano nobile, nell’attesa, mangia e beve, ed è lieto e fiducioso: quando le nubi salgono nel cielo è indizio di pioggia. Non si può fare altro che attenderne la caduta.
Così avviene anche nella vita quando un destino si prepara. Finché il momento non è ancora giunto non bisogna darsi pensiero, né voler plasmare il futuro intervenendo e affaccendandosi. Occorre invece accumulare tranquillamente forza, per il corpo, mangiando e bevendo, per lo spinto, stando allegri e di buon umore. Il destino sopravviene spontaneo, da solo. Allora si è pronti.
Il rappresentante del cielo in terra è come un’altura montana capace di elargire benedizioni del cielo: le nubi e la pioggia che si radunano attorno alla sua cima, e di farle discendere, per poi splendere trasfigurato da luce celeste. Ciò mostra la sua modestia (esagramma 15; la qualità della terra è infatti lo stare in basso, e proprio perciò l’altura terrestre stando al di sopra è qui esaltata come modestia) e l’effetto di questa modestia in uomini elevati e forti, che ne vengono anch’essi esaltati.
La modestia crea riuscita nella tua nobiltà d’animo, e pertanto non puoi non riuscire a portare a termine i tuoi progetti.
Antichissima legge di natura celeste è quella del vuotare ciò che è colmo e di riempie ciò che è modesto: quando il sole sta al culmine deve volgere al tramonto seguendo la legge celeste, e quando sta nel punto più profondo sotto la terra va verso un suo nuovo sorgere. Secondo la medesima legge, quando la luna è piena, cala, e quando è vuota ricomincia a crescere. Questa legge celeste opera anche nel destino degli uomini: il pieno si modifica ed finisce nel modesto; i monti alti vengono asportati dalle acque, e le vallate riempite. La legge delle potenze del destino è quella di danneggiare ciò che è pieno e di elargire fortuna a ciò che è modesto.
Anche gli uomini odiano il pieno ed amano il modesto. I destini seguono leggi fisse, che si esplicano con rigore. Ma è nel potere dell’uomo plasmare la sua sorte a seconda del suo comportamento esponendosi all’influenza di forze benigne o a quella di forze deleterie. O grande anima! Essendo in alto e mostrandoti modesta splenderai nella luce della saggezza. Essendo in basso e mostrandoti modesta, nessuno potrà scavalcarti. Così il nobile che è in te riesce a portare a termine la sua opera, e non si vanta della cosa compiuta.
Osserva un’altura, una montagna. È l’immagine della modestia. Così il nobile diminuisce quello che è troppo, ed aumenta quello che è poco. Egli pondera le cose e le rende uguali. Alto e profondo allora si compensano, ed il risultato è la pianura.
Così dovrebbe agire il politico onorevole quando mette ordine in terra: compensare i contrasti sociali che sono le fonti di discordia, creando condizioni eque e piane, dato che chi si innalza sarà abbassato e chi si abbassa dovrà essere innalzato: “Tutte le valli dovranno essere innalzate e tutte le montagne e colline dovranno essere abbassate, e ciò che è disuguale dovrà diventar piano, e ciò che è gibboso diventare liscio” (Isaia 40,4). Nella Bibbia Dio umilia il superbo, e da’ grazia all’umile, ed anche nella religione dei Parsi vi sono tratti simili. Lo stesso vale per la concezione greca dell’invidia degli dei.
La verità è infatti una sola, e consiste nell’equità (epicheia) del ritmo, che fa della storia qualcosa di sacro, testimoniato da ognuno dei 26 patriarchi della Bibbia, nonché dal numero 26 stesso, somma dei valori numerici del nome di Dio. Quanto segue ne è solo un accenno, tanto per caratterizzare anche da questo punto di vista questo tuo potere ritmico.
Il più grande avvenimento ritmico della storia è quello dell’anno platonico, la cui durata (precessione equinoziale) è di 26 mila anni.
Una simile durata ne fa non un processo ma un evento cosmico, evento che i re magi attendevano nell’anno zero. Sono passati solo due millenni da allora, e non si è ancora ben capito cosa avvenne 2000 anni fa.
Gli avvenimenti a cui si riferiscono i quattro vangeli e i fatti (Atti) degli apostoli, come pure i principali eventi dei primi secoli cristiani, trascendono la semplice storia terrestre, dato che attraverso quegli avvenimenti penetra nella storia della terra un elemento ultraterreno: il cielo diventa terra, e “Dio si fa uomo attraverso l’Agnello cosmico”. Questa espressione non è solo un modo di dire mistico, ma poggia sul fatto astronomico della coincidenza iniziale della nostra era fra costellazioni celesti e segni zodiacali. Solo nel tempo del “cristianesimo primitivo” infatti costellazioni reali e segni zodiacali coincidevano, e solo allora le immagini del cielo potevano evocare realmente per esempio l’avvento precessionale dell’Agnello cosmico. Nell’astrologia “caldaico-nestoriana-ebraica”, il segno dell’“Agnello” non era altro che il segno zodiacale dell’Ariete, evocatore della testa umana, o del cranio, in ebraico ghilgulét, latinizzato poi in “Golgotha, località presso Gerusalemme, dove fu crocifisso il Redentore” (1).
All’inizio della nostra era, traspariva dunque più distintamente che in qualsiasi altra epoca, attraverso immagini fenomeniche visibili dalla terra, la sfera celeste degli archetipi e dei fenomeni prototipici, ed assumeva corpo un’essenza spirituale, ultraterrena e sovrumana: un essere che, concludendo il ciclo dell’anno cosmico che dalla costellazione dei Pesci a quella dell’Ariete, descriveva e descrive il circolo dello zodiaco in un periodo precessionale di 25920 anni, che l’astronomia odierna arrotonda, appunto, a 26 mila anni. Ventisei furono i patriarchi biblici… Ventisei sono le unità che costituiscono il famoso “nome impronunciabile” Yhwh…
Ecco dunque perché il tracciare la storia del cristianesimo e della chiesa, così come essa ci è stata imposta dalla cultura di Stato, senza accennare al cristianesimo primitivo, è qualcosa di deforme, che non può essere accettata, dato che tale storia può essere giustificata, solo dove si compia, per lo meno, il tentativo di rendere visibile, attraverso la molteplicità dei particolari, la grande unità e totalità spirituale che la riguarda.
Invece, nella misura in cui questo tentativo riesce, attraverso tutti gli eventi narrati emerge un volto, appartenente a un cranio (ghilgulét), tramite il quale diviene possibile riconoscere che il cristianesimo primitivo è un’entità vivente, un genio divino-umano.
Se poi si dirige l’attenzione sull’amorevole azione di liberazione cosmica, compiuta da quell’entità, si può perfino affermare che il cristianesimo primitivo è un uomo reale definitivamente incarnato (2).
Nelle consuete trattazioni storiche, al cristianesimo primitivo non viene dunque riconosciuto il valore che ad esso compete.
Perché? Io rispondo dicendo che l’uomo reale, cioè l’umanità, disturba l’uomo fasullo, il quale fa di tutto perché l’Avvento non avvenga.
La libertà infatti spaventa… Fa male…
Per cui si assiste sempre più a fatti che confermano che se da un lato “la verità fa liberi”, dall’altro, la menzogna fa “credenti”!
Ed è proprio attraverso questa “logica” della paura e della menzogna che ci si adagia poi nella fede della religione della BCE o di Bankitalia.
La separazione della trattazione del nuovo testamento da quella della storia reale del cristianesimo, ha come conseguenza che i fatti esposti nel nuovo testamento non vengano presi sul serio, dato che
il loro nucleo centrale, che è punto di svolta di tutta la storia dell’umanità, è sconfessato. Ed è proprio così che la storia delle confessioni religiose viene privata della sua base spirituale e della sua sorgente, vale a dire della sua realtà originale, che è insieme terrena e celeste in senso astronomico: la comparsa dell’io nell’uomo, che precedentemente indicava se stesso in terza persona singolare, attraverso espressioni come “l’anima mia”, “il mio spirito”, “il mio cielo di nascita”, ecc.
Insomma, quanto più l’evento cristico verrà riconosciuto come il punto centrate dell’INTERA storia dell’umanità, tanto più impossibile diventerà il prescindere, per la storia del cristianesimo, da quella dell’umanità pre-cristiana.
“Non si comprende” - scrive Emil Bock – “perché i teologi cristiani debbano attribuire ancora tanto valore allo studio dell’Antico Testamento; e si perde di vista l’intima universalità essenziale del cristianesimo e il suo valore umano universale. Solo imparando a ravvisare nella storia dell’Antico Testamento, come pure nelle altre correnti religiose dell’umanità, la storia precristiana del cristianesimo, i destini dell’entità Cristo precedenti la sua incarnazione, solo allora gli eventi precristiani riacquistano il loro significato più profondo e il cristianesimo il suo valore assoluto. Allora peraltro si rende necessario di riallacciare organicamente la storia cristiana alla precristiana, le vicende narrate nel Nuovo Testamento alla storia esposta nell’Antico. Il cristianesimo primitivo può venir compreso solamente partendo da una totalità veramente universale, che comprenda tutto, o non viene compreso affatto” (3).
Invece i misteri del mondo antico che si avvicinava alla sua fine vennero - e vengono ancora - tenuti deliberatamente segreti.
Infatti chi parla oggi del Golgota?
Trattare storicamente del “mistero del Golgota” e del particolare carattere dell’ambiente in cui esso venne a svolgersi (carattere che conferisce all’ambiente stesso qualche cosa di affine ai “misteri”), è impresa che richiede meraviglia e coraggio. E ciò è alquanto difficile per l’uomo senza meraviglia dei nostri giorni, la cui mentalità scettica e agnostica arriva solo all’antilogica. Oggi l’uomo vive come un decapitato.
L’evoluzione procede infatti non solo verso l’alto ma anche verso il basso, là dove cadono, grazie alla forza di gravità, le teste mozzate cadono. Ed oggi le teste cadono come 2000 anni fa. Allora cadevano perché il senso dell’io umano cominciava a farsi sentire sul luogo del cranio o golgota. Oggi questo nome è divenuto un tabù proprio per ciò che evoca: il capo umano. Quale confessione religiosa ne parla?
Oggi la pace fra le religioni non è raggiunta. E ciò nonostante si pretende creare un nuovo ordine mondiale attraverso democrazie armate, senza minimamente accorgersi che il problema da risolvere è innanzitutto l’anacronismo.
Come fa un nuovo ordine mondiale a manifestarsi con la legge del taglione del vecchio mondo?
Infatti le attuali teste mozzate riguardano uomini che si fanno soldati (assoldati) in nome dei soldi, vale a dire del dio pecus.
Ieri non si moriva solo per il proprio pane, ma per il pane spezzato per tutti.
Ciò che è rimasto identico a ieri è dunque l’identico impulso al massacro (4). Infatti l’antico impulso alla carneficina era, esattamente come oggi, quello di eliminare la nuova mentalità.
Infatti tanto le proscrizioni di Silla, quanto quelle di Ottaviano nascevano dall’avversione per il nuovo modo di pensare. Si facilitava così il trionfo della corrente egizio-diadòcica decadente, che stava sfociando nella storia romana, eliminando in quel modo i veri figli ed i rappresentanti della nuova umanità dell’io, nata da anelito cristico, vale a dire dal potere reale del tempo, del nuovo, di buone nuove (in greco “eu”, “bene”, “aggelion”, “notizia”, in latino: “”evangelium” ).
Ecco perché in eventi di 2000 anni fa è possibile scorgere scene che sono veri e propri simboli di storia universale, aventi pari dignità di qualsiasi storia sacra: Antonio, istigato dalla moglie Fulvia, piena di fanatico odio, comandava che gli fosse portata la testa di Cicerone, e dileggiando cinicamente quella vista orrenda, gli conficcava spilli negli occhi. Cleopatra offriva a Cesare la testa di Pompeo, ed Erodiade contemplava trionfante la coppa sanguinosa recante la testa di Giovanni il Battista. Gli spiriti della sfrenata sete di potere, spettri di un mondo sommerso, odiavano l’uomo nuovo, libero… ODIANO l’uomo libero… Esattamente come oggi.
Odiavano soprattutto la luce dell’io, che sorgeva come una stella sulla fronte dell’uomo, e che sul “luogo del Cranio” (Golgota), segnava col sangue la presenza dell’IO SONO sul pianeta.
Il cranio umano racchiudeva e racchiude la possibilità della liberazione dalla schiavitù.
Nel luogo del cranio umano, il pensare universale poteva essere colto, e l’io sollevarsi, innalzarsi, sorgere e risorgere. Perciò si superava la paura: quella delle belve del Colosseo, quella delle teste mozzate dei proscritti, che venivano ammonticchiate in orride piramidi, come monito imperiale al popolo, e quella dei sicofanti, scribi, camerieri come sempre dei cambiavalute e dei “venditori di colombe”, chiamati da Gesù di Nazaret “razza di vipere”, ipocriti e vanitosi, che dicono e non fanno, che legano pesanti imposte sulle spalle della gente, ed alle quali non vogliono minimamente partecipare, facendo di tutto per essere ammirati, chiamati padri o signori, contrariamente alla parola “non chiamate nessuno signore sulla terra” (Matteo 23,3-12), e imponendo il signoraggio bancario perfino sull’uso della cartamoneta! Non sono cose di ieri, ma di oggi.
L’inizio del primo millennio, e l’inizio del terzo, portano con sé le stesse immagini.
Forse insegnano che qualcosa l’uomo attuale deve cambiare.
Eppure si va ancora verso conati antistorici ed anacronistici per la medesima volontà di 2000 anni fa di eliminare il nuovo, cioè l’individualità. E tutto questo si fa, in nome della specie, o del partito, o dei crocchi, che imperterriti vorrebbero continuare la loro corsa, non più con l’odio verso l’io, ma ad estirpazione dell’io già avvenuta, dato che la decerebrazione in nome del dio pecus è oggi oramai norma normata.
In questo periodo storico, pieno di preparativi per il “nuovo ordine mondiale”, ciò che sta succedendo nel cielo dei Pesci (segno zodiacale rappresentativo dei piedi) e nel gioco del calcio, comunica per filo e per segno ciò che le teste umane dovrebbero recepire: l’asse Pesci-Vergine dovrebbe comunicare all’asse Ariete-Bilancia che l’epicheia, cioè l’equità reale, urge all’uomo, e solo essa dovrebbe muoverlo. Dovrebbe. Ma non lo muove. Perché?
A questo punto si pensi ad un gregge. Chi ha fatto l’esperienza dell’attraversamento di un gregge con la propria auto, ha potuto farlo solo grazie all’intervento di pastori, dato che le pecore, i cui centri neurovegetativi della paura sono ottusi, non arretrano di fronte alla vista di un veicolo. Così è il gregge dell’attuale pseudo umanità: l’uomo si è fatto pecorone. Crede solo nel dio pecunia. E crede più in questo dio pecus che in se stesso. Perciò non può che essere sempre più soggetto a questo suo credo, vale a dire sottomesso, soggiogato.
Le parole chiavi “io sono”, relative all’Ariete, “io credo”, relative ai Pesci, e “io so”, relative all’Acquario, sembrano anzi non avere più nemmeno correlazione precessionale.
L’uomo senza meraviglia sembra sempre più uno che non sa e che “non ne vuole sapere”.
L’avvento di una nuova razza umana schierata contro l’individualità in favore della specie è l’avvento della vera guerra santa connessa col POTERE DEL RITMO, che tu porti in te

NOTE
(1) Vedi alla voce in Ferruccio Calonghi, “Dizionario della lingua latina, Vol. 1°, Ed. Rosenberg & Sellier, Torino, 1951.
(2) http://digilander.libero.it/prigionieropolitico/cosmos.jpg
(3) Emil Bock, “Cesari e apostoli”, Ed. Bocca, Milano, 1954.
(4) Cfr. Antonio Greni, “Apologia del massacro”, Ed. del Leone, 1992.

Via 4ª = 04-63

Pensare conforme alla realtà
Il pensare conforme alla realtà impedisce alla stoltezza giovanile (esagramma 04) di protrarsi oltre il culmine (esagramma 63) della giovinezza, diventando stupidità. Chi, come te, ha il dono del pensare in modo conforme alla realtà, sa effettivamente curare le stupidità umane come malattie dell’anima, cioè dell’animarsi interiore del cosiddetto pensiero debole, o meramente concettuale e astratto.
La facoltà di avere sempre pronta una risposta a ogni dubbio è potere reale nella misura in cui dopo il compimento della maturità non si rimane stolti e si sanno soddisfare le esigenze del pensare attraverso la verifica di ogni concetto usato, testandolo e confrontando il suo contenuto con i dati reali. Solo allora le idee sono “compiute” (esagramma 63) e sociologicamente forti. Ecco perché ogni dubbio umano, giustificato come metodo di procedura scientifica, può ottenere una risposta ponderata. Ed ecco perché in questo tuo potere hai anche la spiegazione del tuo anelito a trovare una soluzione logica a tutto.
In tale contesto, essere sospettosi non è una qualità negativa, ma un’esigenza, imposta dall’inesperienza giovanile (esagramma 4) per la migliore soluzione delle problematiche in grado di diminuire ogni pressione mentale.
Questo tuo potere è sostanzialmente quello della capacità interiore di sostituire la mera logica astratta con un pensare in sé organico, cioè conforme alla realtà (intendo per logica astratta la mera logica concettuale, o disorganica, o libresca, o del cosiddetto filosofismo ciarliero, che corrisponde al primo dei quattro livelli che la logica deve possedere per essere organica).
A questo proposito occorre fare chiarezza anche alla stoltezza giovanile dell’umanità nel suo complesso. Pertanto cerco di spiegarti la cosa servendomi di esempi pratici.
Gli esseri umani si dividono in due categorie: gli intelligenti e i cretini: gli esseri umani intelligenti sono capaci di previsioni (e/o di feedback), cioè indovinano con le previsioni quello che succederà, per es., sul mercato. I cretini sono capaci solo di constatazioni, di “prendere atto”: dopo che il fatto si è verificato, commentano il fatto. La frase “prendo atto” è infatti quella più usata in parlamento (coloro che in parlamento continuano a parlare non fanno altro che “prendere atto” dal mattino alla sera). Questa distinzione fra intelligenti e cretini consente per esempio di valutare la categoria dei creatori dell’euro.
Basta osservare le dichiarazioni fatte dai grandi esponenti del mondo politico e monetario che hanno inventato l’euro. Prodi e Duysenberg per esempio, quando fecero l’astratto elogio dell’euro “forte”, costoro fecero il medesimo errore di Mussolini con l’astratta “quota 90” per la lira “forte”. Si poteva prevedere. Ma per prevederlo bisognava essere in grado di ragionare in modo organico, non astratto. L’organismo sociale è qualcosa di vivente, non è una carta: se l’America ha chiuso l’importazione dell’acciaio dall’Europa e se col prezzo dell’acciaio l’Italia andava a compensare il pagamento del petrolio, bisognava sapere concretamente, organicamente, che l’Europa si sarebbe trovata - come di fatto sta succedendo - non solo nell’impossibilità di pagare il petrolio, ma anche con l’appesantimento ulteriore del suo debito a causa del blocco delle esportazioni e della rivalutazione dell’euro. “L’euro è una moneta forte” è una dichiarazione che si è dimostrata infatti del tutto infondata perché i fatti della realtà si sono realizzati con fattispecie, o caratteristiche, totalmente antitetiche a quelle previste da questi maestri e conduttori della società.
Il ragionare disorganico porta a non considerare la disorganicità del mercato. Un esempio di organicità del mercato lo si ha quando impiegati statali, funzionari pubblici, magistrati, ecc., spendono il loro stipendio nel mercato italiano: il denaro allora si ricicla e tutto funziona, perché la liquidità monetaria viene a mantenersi ad un livello stabile.
Il mercato è disorganico se invece il denaro che lo Stato spende non viene riciclato nel suo mercato interno.
Ma quando lo Stato sa che non potendo fare a meno del petrolio deve comprare petrolio all’estero e spendere nel mercato estero senza avere la possibilità di equilibrare la spesa come accadeva un tempo (con l’esportazione, per es., dell’acciaio) deve saper prevedere che ciò che spende non sarà riciclato nel mercato interno, e che creare astrattamente e dal nulla un euro “forte” è sensato come allungare astrattamente i chilometri di una strada in un progetto relativo a una strada posta in una pianura limitata logisticamente. Se oltre quella pianura c’è un burrone vasto come un mare è insensato allungare i chilometri, perché camminare oltre quella pianura significa precipitare.
Anche solo in base all’esistenza della parola “petrodollaro” era dunque prevedibile che, in base ai fatti:
- che i vertici del petrolio e quelli del dollaro sono collegati;
- che l’Europa non ha petrolio e che mancano altre fonti di energia;
- che il mercato (globalizzazione o mondialismo che dir si voglia) è disorganico in quanto non è più possibile l’esportazione dell’acciaio;
- che gli Stati non hanno sovranità monetaria, la quale è in mano ai banchieri, cioè alle società cartacee (le cosiddette “persone giuridiche” del pensiero “debole”);
- creare l’euro “forte” avrebbe fatto aumentare di pari percentuale crediti e i debiti, esattamente come quando l’Italia arrivò disarmata alla guerra per i fallimenti causati dall’insolvenza ineluttabile a seguito dell’ingiustificato aumento del valore della lira, oggetto del debito.
Ecco perché l’“euro moneta forte”, si è dimostrata affermazione infondata: i fatti della realtà si sono realizzati con fattispecie, o caratteristiche, totalmente antitetiche a quelle previste da questi maestri e conduttori della società. Questo significa che fare previsioni fuori dalle norme della logica organica, è sensato quanto il progetto di un geometra che volesse costruire una casa a partire dal tetto (così si è voluto costruire l’“UE”), cioè secondo logica disorganica. Non si tratta dunque di fare congetture e calcoli elaborati dalla mera logica astratta, quanto di creare futuro attraverso volere che è in realtà metabolismo.
Devo spiegare queste affermazioni, toccando vari argomenti scientifici, in quanto l’evoluzione individuale ha sempre a che fare con l’evoluzione di tutte le culture, e soprattutto con lo sviluppo di un passaggio dal prima al dopo, perché anche se in ogni tempo presente, “il trapasso dal tempo antico a quello nuovo è già compiuto” (esagramma 63), occorre mantenere anche nei singoli “dettagli” il giusto volere se non si vuole mantenere la stoltezza giovanile anche dopo il compimento della maturità.
Qui si apre per esempio l’importante questione che riguarda la magia nera dell’insegnamento di Stato. Tutti siamo stati plagiati, per es., dalla magia nera dei nervi “motori”, e in genere si crede che i “nervi motori” servano alla trasmissione degli impulsi volitivi. Si crede insomma che i nervi siano come i fili elettrici che fanno muovere il frullatore, come se l’uomo fosse un elettrodomestico. Ma il domestico umano è diverso dal frullatore, in quanto è capace di mettersi a servizio di un suo simile, attraverso la propria volontà e, all’occorrenza, liberarsene se si accorge di essere diventato schiavo.
Entrano in gioco qui anche tutte quelle scienze che hanno dimenticato di evolversi. Perché per esempio nel campo della psicologia e della filosofia, è erroneo (e sintomo di debolezza di pensiero) ammettere che certe funzioni psichiche siano connesse con processi nervosi. Dal sistema nervoso dipende solo la rappresentazione, e per esempio la rappresentazione del volere - cioè l’intenzione a volere - non è ancora volere ma pensare, cioè rappresentazione fatta di concetti e idee. Il volere reale è volontà in atto: è energia, “ATP”, che si consuma. Perciò il volere dipende esclusivamente da processi metabolici. Il sentimento dipende invece dai fenomeni ritmici della respirazione e della circolazione del sangue: quando sei in auto e, spaventato da un errore di guida, freni: senti lo spavento nella “pancia”, e subito impallidisci perché il sangue, che è veicolo dell’io, tende immediatamente - cioè non tramite mediazione cerebrale - a fluire nella zona cardiocircolatoria in cui avverti il pericolo, vale a dire la pancia, l’intestino, il cuore e tutta la zona del petto. Tu sei lì. Mentre quando, per es., non sei spaventato ma sperimenti il sentimento della vergogna, arrossisci, perché il sangue che è veicolo dell’io, vorrebbe andare via da lì, sparire nel cosmo, secondo un moto centrifugo - non centripeto come nel caso dello spavento - anch’esso non mediato dal cervello, ma immediato. Se infatti fosse mediato non vorresti mostrare agli altri la tua vergogna e non arrossiresti. Dunque i nervi “motori” servono non alla trasmissione, ma solo alla percezione dell’atto volitivo. Se la mia mano da’ un pugno sul tavolo, il responsabile sono io non un mio nervo o il mio cervello. Se il mio dito preme il grilletto sono io a sparare non una mia sinapsi.
Le funzioni nervose, quelle respiratorie-circolatorie, e quelle metaboliche, per quanto strettamente articolate, sono singolarmente indipendenti. E nella misura in cui si comprende - secondo pensiero conforme alla realtà - la realtà di questi tre sistemi autonomi dell’organismo umano, allo stesso modo ci si avvicina alla veggenza del “sabato per l’uomo”, senza la quale non può ovviamente attuarsi una società organica per l’uomo, cioè a misura d’uomo.
Senza logica organica, le società anonime, le s.p.a, gli Stati costituzionali di carta, sostituiscono il vivente organismo sociale, il quale è creduto cartaceo a spese delle persone in carne ed ossa, dominate dalle “persone giuridiche”.
La stoltezza giovanile dell’umanità aborre l’apprendimento del pensare organico, perché aborre la logica disorganica, ma scambiandola per logica organica, confina le proprie capacità espressive in atteggiamenti che ripudiano il pensare in nome del sentire (credo solo a ciò che percepisco coi sensi) o dell’empatia (amo solo ciò che mi è simpatico, o che “mi prende”, ecc.), o della magia (il magistrato è intoccabile), ecc. Invece solo basandosi sulle sue facoltà logico-organiche l’umanità può diventare adulta senza stoltezza. Detto con altre parole: dobbiamo sfruttare l’intuizione. Per intuizione non intendo la cosiddetta sensitività. In genere si crede che l’intuizione sia il sentire, ma il pensare non è sentire: intuire non è passivo ma attivo, ed è la quarta e più alta parte della logica umana, che comprende le tre precedenti (concettuale-matematica, immaginativa e ispirativa). La logica che integra in sé tutti e quattro questi livelli è organica perché costituisce l’“organo” interiore mediante il quale il conoscere può elevarsi progressivamente fino alla percezione soprasensibile di entità superiori che prendono parte all’evoluzione del mondo e dell’umanità o per esempio dell’apocatastasi, del karma, del risorgere, ecc.
Poiché occorre essere chiari, immagina per esempio un cubo di mezzo metro di lato, poniamo, un computer. Se telefonandomi mi dici che nella tua stanza c’è un computer io comprendo la cosa senza bisogno di verificarla in casa tua: so immediatamente che il computer deve poggiare su qualcosa, e che ci deve essere un supporto di altezza adeguata, perché questo è matematicamente logico (legge naturale di gravità)‚ in quanto il computer non può galleggiare per aria.
Dunque si può pervenire a conclusioni logiche anche senza essere presenti con gli occhi fisici, cioè senza averne l'esperienza diretta.
Ma supponi che sul computer ci sia una palla. Questo non lo posso subito dedurre tramite questo primo livello di logica; devo vederlo, percepirlo, osservarlo.
La realtà è dunque attraversata da cose, entità, che hanno, sì, una logica intrinseca naturale, ma che non è necessariamente coincidente con la mera logica concettuale.
La logica derivata dall'osservazione si distingue dalla logica meramente concettuale in quanto si tratta, appunto, di logica organica che comprende, oltre a questo primo livello, anche gli altri tre.
Ecco perché occorre conoscere quattro tipi di logica:
1°) la logica matematica, che è quella inferiore (non in senso morale del termine ma nel senso della maggiore semplicità, per esempio la logica della catena di montaggio);
2°) poi vi è la logica dell'immagine, cioè la logica immaginativa, che permette di dare il nome alle cose: le cose sono circostanziate da un contorno, e il pensare sperimenta che il contorno di quella data cosa è riferibile a quel dato concetto; in tal modo avviene la creazione dell'immagine, a partire dalla forma (gestalt o psicologia della forma). In questo secondo tipo di logica, l’essenziale è l’immagine, tramite la quale è possibile la rappresentazione, da non confondere con il cosiddetto “immaginario” del pensiero debole
Per non fraintendere l’esperienza immaginativa (relativa alla creazione dell’immagine) con lo spurio concetto di Stato di “immaginario”, indicante ciò che il cittadino deve o non deve pensare (!), bisognerebbe tenere presente sempre il “dio Mercurio”, vale a dire lo spirito del linguaggio. La parola latina "imago" proviene infatti da "imum ago", cioè dall'“agire” (ago, agis, agere) a partire dal profondo (imum) (ogni persona costruttiva o creativa parte dunque non da ciò che deve o non deve pensare secondo i consigli di Stato, né dalla mera logica della catena di montaggio, o matematica, ma dalla propria esperienza immaginativa che l’impegna a partire dalla parte più profonda di sé);
3°) al 3° livello c’è poi la logica ispirativa, che permette all'essere umano di creare concatenazioni, forme di pensiero, ascoltando o studiando per esempio il pensiero altrui, la musica altrui. Qui sperimentiamo il valore delle cose, in quanto ciò che fa scattare il valore delle cose è sempre il rapporto fra le cose: niente è valido se non per te, cioè se non per il tuo spirito (logos) che le collega (infatti se non faccio il collegamento che quel prodotto mi può servire non lo compro). Pertanto il pensiero di quel prodotto, o il pensiero di quel pensatore, ecc., ispira - esattamente come fa la musica o il rumore - altri pensieri;
4°) infine c'è la logica più alta sperimentabile, che è la logica intuitiva, la quale permette di prendere la decisione migliore al momento giusto in una frazione di secondo, per esempio in una frenata quando sei al volante.
Riassumendo con un ulteriore esempio i quattro livelli logici: di fronte a una sedia, posso con la mera logica matematica affermare solo di avere davanti a me un’unità, qualcosa; con la logica immaginativa posso immaginare che tale unità sia una sedia; con la logica ispirativa posso essere ispirato a usarla o a sedermi, e con la logica intuitiva posso scansarla se me la trovo di fronte mentre mi dirigo verso un'altra unità o luogo, o se qualcuno me la tira in testa. La realtà del nostro subconscio è un po’ complessa ma è comprensibile all’autocoscienza di chi ama la consapevolezza. Insomma usiamo queste logiche ma non ce ne accorgiamo, e proprio perché non ce ne accorgiamo, ci lasciamo dominare dalla mera logica dei concetti, delle astrazioni, della carta, credendo che quella sia “la” logica. Così ci “incartiamo”… E le “persone giuridiche” di carta dominano quelle di carne… È la stoltezza giovanile dell’umanità.
L’umanità adulta è invece chiamata a non poggiare solo sulla constatazione ma anche sulla previsione. Oggi è il tempo in cui il senso della previsione dev’essere chiarito. In ogni previsione ci sono sempre due possibilità, cioè delle due l’una: o le cose vanno secondo la previsione, oppure non vanno secondo la previsione. Perciò, prima di credere a una previsione, l’umanità matura dovrà valutare se essa sta dentro o fuori dalle “norme” organiche della logica.

Via 6ª = 07-31 (in fieri)

11.4.06

Via 7ª = 09-52

Capacità di pensiero organico e conviviale

Il pensiero organico è una forza piccola (esagramma 09) ma assolutamente capace di tenere a bada il grande dominio dell’astratto sul concreto, o del "disorganico" sull’"organico", operato dai potenti (signoraggio). Esso ti rende diligente nella capacità di focalizzare nei dettagli gli oggetti che percepisci, e ti permette di osservare con concentrazione le cose. Il rapporto di questa forza con l’atto del soffermarti su di esse (esagramma 52), ti dona la calma, necessaria alla facoltà di convertire la direzione del tuo pensare verso un determinato obiettivo, per l’attuazione di esso attraverso la via migliore. In tal modo ottieni la cosiddetta calma dei forti, che è il vero potere con cui è possibile porsi a servizio dell’organismo sociale. L’organismo sociale è società organica, il cui contenuto è umano, non cartaceo. La società con contenuto cartaceo è invece quella dominata dai fantasmi giuridici che, spaventando la gente, fa ammalare l’organismo sociale. La strumentalizzazione del fantasma giuridico istituzionale è l’arma usata dai dominatori per la manipolazione dei capitali dei dominati. Questo tuo potere è dunque molto importante perché può fare di te un operatore di pace e di convivialità, a partire dall’inazione o, tutt’al più, dall’azione dolce di una minima forza: il ragionamento concreto, vale a dire il pensare che procede con esempi concreti, come quello espresso da quanto segue.
Come non è concepibile un’automobile senza l’autista, così non è concepibile uno strumento senza un soggetto che lo usi. Certo, si può anche sostenere il contrario, parlando per esempio di “soggetto in sé”, “strumento in sé”, o di “soggettività strumentale”, ecc. Però, così facendo, si esce dal pensare organico, e si entra nel pensare astratto. Per chi invece voglia pensare concretamente non è concepibile società che adotti giuridicamente l’esistenza di una soggettività strumentale senza che vi sia anche una società strumentalizzante. Di fatto, con l’avvento della soggettività strumentale, cioè dello Stato costituzionale, nel campo del diritto, l’etica cambia in quanto il concetto di società è privato del suo contenuto umano. Anticamente erano le “gentes” che creavano la struttura della società, ed il capo della “gens” era, grosso modo, il “senator”. Il “senatus” era il collegamento dei vertici di grandi nuclei familiari che realizzavano la coincidenza della società con i soci. La società aveva contenuto umano.
Con l’avvento della società strumentale, il fantasma giuridico, inventato dalle scuole di Stato di materialistica hegeliana memoria, la società è diventata un concetto senza contenuto umano, cioè uno strumento, tanto che oggi si parla di “strumento personificato”, “soggettività strumentale”, “persona giuridica”, “centro astratto di imputazione giuridica dei rapporti”, e così via, in cui di definizione in definizione si è ridotto il concetto di società a strumento, cioè a concetto senza contenuto umano. Onde la crisi economica mondiale, in quanto col cambiamento del concetto di società si è avuto il cambiamento del concetto di moneta. Se con la società organica vigeva il principio della moneta di proprietà del portatore (moneta d’oro di proprietà del portatore), con l’avvento della soggettività strumentale si è sostituita la moneta proprietà del portatore con la moneta debito del portatore: il portatore è diventato come un pollo di batteria ed il padrone della moneta è diventato come un allevatore di polli, che può dare alti quantitativi, o bassi quantitativi di mangime ai polli, a seconda che egli aumenti o diminuisca il potere di acquisto della moneta, o la quotazione dei titoli in borsa, o le quotazioni di mercato, tanto nel mercato dei beni immobili, quanto in quello dei generi alimentari: oggi per esempio la politica dell’agricoltura è ancora quella disorganica che mira a creare economia politica più che produzione agricola, per esempio come quando programmava (governi democristiani), l’abbandono delle terre, o l’abbattimento dei capi di bestiame in nome dell’industria, o la distruzione degli agrumi (governi recenti), ecc. Questo significa che col mercato disorganico i popoli devono vendere prodotti agricoli per comprare prodotti industriali e viceversa. In tal modo gli Stati di carta (persone giuridiche) in nome della compra-vendita sono costretti a indebitarsi con le banche centrali, perché necessitano di denaro altrettanto disorganico, cioè astratto. Ecco perché il mercato disorganico è sempre assetato di denaro.
Si potrebbe parlare a lungo di questo problema del dominio dell’astratto sul concreto.
Tu hai invece il potere di focalizzare i problemi, attraverso il tuo concentrare l’attenzione sul dettaglio, restando tranquillo, e sperimentando la quiete.
Se sei di sinistra o se sei di destra, troverai in quanto segue una ragione per accogliere il risultato elettorale del 9 aprile 2006 come la massima felicità, in quanto massima occasione (dovuta al pareggio elettorale) di unificazione fra sinistra e destra: pensando in modo organico a Benito Mussolini e a Karl Marx è possibile infatti osservare che il giusto percorso di servizio alla collettività ha come sano presupposto la nostra capacità di soffermarci con calma sul fatto che per esempio Mussolini non distruggeva i prodotti, né ammazzava i bovini, ma faceva la battaglia del grano per l’incremento della produzione, perché combatteva la grande usura (plutocrazia), e quando parlò della guerra del sangue contro l’oro mise il dito sulla piaga, esattamente come lo aveva messo Marx nel “Capitale”, quando mise sotto accusa il capitalismo finanziario della banca d’Inghilterra. Marx e Mussolini dissero la stessa cosa, solo che non avevano capito che il problema di fondo andava risolto con il principio della proprietà popolare della moneta. Anche Lincoln e Kennedy hanno fallito per non avere capito ciò. E morirono assassinati perché volevano creare moneta di Stato, opponendosi all’usura della banca centrale. Infatti la vera ragione è che i manipolatori di capitali non possono perdere la sovranità monetaria, in quanto essa è una con la sovranità politica. Si tratta di due realtà che sono inscindibili: o si hanno entrambe, oppure ogni politica non può esistere.
Pertanto, il ragionamento da fare oggi non è più quello dello statalismo comunista o fascista: la moneta non dev’essere di proprietà dello Stato ma del cittadino, il quale va dichiarato proprietario della sua parte di moneta. E chi ha come te il potere del pensiero organico e conviviale, sa che contro questa affermazione non potrà mettersi nessun politico del futuro senza perdere la base elettorale.

10.4.06

Via 8ª = 06-59

Fare l’amore come conoscenza

La capacità di riprodursi e di accoppiarsi della specie animale è legata all’istinto di conservazione. Se così fosse anche nella specie umana, essa comporterebbe di conseguenza anche lo stare in difesa, il conflitto (esagramma 06), la frizione, e la dissoluzione (esagramma 59). La specie umana ha invece uno speciale potere che è quello della sua sessualità. Infatti nell’essere umano la spinta genetica e naturale verso la sessualità può comportare tanto la dispersione che si manifesta come erotismo fine a se stesso, quanto la massima ricerca creativa, che si manifesta come erotismo “serbato”: l’"amplexus reservatus" è l’esperienza di un coito ("coitus reservatus”) in cui i partners intenzionalmente non raggiungono l’orgasmo. Dall’antichità questa pratica è la più sicura ricetta per la longevità, capace di potenziare la vitalità, preservare dalle malattie, e far ritrovare la pace: mediante precise tecniche di respirazione (dette di “ritenzione del soffio"), essa insegna all’umanità l’arte di concentrarsi sul sentire, in modo da far scendere il "soffio" dal polmone al plesso solare ed al centro sacrale, per poi farlo risalire lungo la colonna vertebrale, fino al cervello. Discriminare durante la sessualità in merito al proprio battito cardiaco, insegna perciò il controllo del flusso delle emozioni in ingresso al plesso solare, e fa in pratica anche da filtro discriminante su quale partner e/o su come questi possa e debba entrare in intimità con il soggetto. Nell’accoppiamento è pertanto possibile trovare la giusta via di vitalità, per abbattere le barriere di ogni eccitamento, lite o conflitto.

Via 9ª = 10-20, 10-34, 10-57

10-20 (in fieri)

10-34 = Creatività di chi agisce per amore dell’azione

Si tratta di creatività individualizzata, e assolutamente personale, in quanto garantita da intuizione.
Ogni altro creare, ed ogni altra situazione, garantiti solo da regole, non possono che essere astratti, non reali, e non soddisfacenti, in quanto determinati da “regolatori”, più che dal soggetto dell’agire, dando all’uomo solo un infinito sentimento di impotenza e di debolezza.
Procedere (esagramma 10) secondo immaginativa morale è giusto modo di comportarsi. Esso diventa potere del grande (esagramma 34) nella misura in cui la capacità di esplorazione del mondo rientri in una scienza naturale in grado di comprendere se stessa come scienza spirituale. Il procedere allora non ha nulla da temere in quanto è individualismo etico, in cui l'osservazione rivela che la caratteristica della forma perfetta dell'attività umana è la libertà. Seguire le nostre convinzioni
può rappresentare tanto l'egoismo, nostra parte animale e inferiore, quanto l’amore, nostra parte umana e superiore. Rappresenta quest’ultima quando, sapendo osservare le differenze fra i comportamenti provenienti da tali convinzioni, riusciamo nel nostro agire ad esprimere la nostra unicità: “per i miei istinti e impulsi io sono un uomo come se ne trovano dodici per dozzina; per la particolare forma dell'idea per la quale, entro la dozzina, io mi designo come “io”, e sono un individuo” (Rudolf Steiner, “Filosofia della libertà”, Cap. 9°: L’idea della libertà, Ed. Antroposofica).
Poiché le dinamiche della creatività non possono essere ridotte agli ingranaggi del sistema - per es., quelli del cosiddetto brevetto, e/o quelli in “difesa” del cosiddetto diritto d’autore (SIAE, AIE, ecc.) - l’essere umano da’ il meglio della sua creatività nella misura in cui riesce a pensare a sé in termini di autoderminazione e di libertà nell’agire (libero è solo l'uomo che in ogni momento della sua vita è in grado di ubbidire a se stesso), facendo ciò che ama.
Questo tuo potere di fare ciò che ami è come una grande benedizione nella misura in cui sai rendertene consapevole. Se infatti uno agisce solo in base a determinate norme morali, la sua azione è il risultato di principi che si trovano nel suo codice morale, ma in tal caso è semplicemente un esecutore: un automa di ordine superiore. Basta aprire nella sua coscienza la valvola di avviamento all'azione, e subito il meccanismo dei suoi principi morali si mette in moto, compiendo regolarmente il suo corso, per produrre quell’opera “cristiana”, “umanitaria”, “altruistica”, “sociale”, “civile”, ecc. Ma solo quando segui il tuo amore per la cosa, sei tu stesso ad agire: “su questo gradino della moralità io non riconosco alcun signore al di sopra di me, non l’autorità esterna, non una cosiddetta “voce interiore”; non riconosco alcun principio esterno, perché ho trovato in me stesso la causa dell'azione, l'amore verso l'azione. Non esamino col mio giudizio se la mia azione sia buona o cattiva: la compio perché la amo. Essa sarà “buona”, se la mia intuizione, immersa nell'amore, è giustamente situata nel complesso universale da sperimentarsi intuitivamente; nel caso contrario sarà “cattiva”. E neppure mi domando come si comporterebbe un altro uomo nel caso mio, ma agisco come voglio io, come vuole la mia particolare individualità. Non è l'uso comune, il costume generale, il dogma, o la norma morale, che direttamente mi guida, ma è il mio amore all'azione. Non sento alcuna costrizione, né quella della natura (che mi guida nei miei impulsi), né quella del comandamento morale. Voglio semplicemente estrinsecare quello che è in me” (ibid.).

10-57 = La migliore forma comportamentale: l’immaginativa morale dell’individualismo etico

Il procedere (esagramma 10) attraverso il giusto modo di comportarsi è amore di sé capace di esprimere la propria unicità. In quanto autodirezione (non eterodirezione) dell’io, esigente autonoma valutazione rispetto alle differenza fra alti e bassi presenti in ogni situazione, questo potere è anche base del giusto comportamento in società. Anche se è naturale che il forte monti sul debole, attraverso questo procedere immaginativo e morale (individualismo etico), il piccolo può “cavalcare” il grande, perché sa procedere senza presunzione, così che il forte non si irriti e bonariamente lasci fare.
Nella misura in cui procedi intuitivamente verso la mitezza e verso il penetrare nelle cose, questo tuo potere è come la forza del vento (esagramma 57), capace di spazzare via tutto ciò che non è essenziale alla tua evoluzione personale o all’amore della generale creatività umana, promuovendoti come artefice o architetto di cose meravigliose. Nella tua capacità di ascolto rivolta al presente, relativa a questo tuo potere, risiede altresì la fonte della consapevolezza di ciò che è l’essere umano in quanto “specie”: una specie diversa da ogni altra specie di mammifero, in quanto caratterizzata dal fatto di venire alla luce come "io" individuale, e non come “io di gruppo” come invece è per le altre specie animali: ogni essere umano costituisce infatti una specie a sé, anticamente detta specie del “figlio dell’uomo”, o dell’“Agnello cosmico”, non poggiante su carne e sangue, ma essenzialmente immateriale. Questa è la differenza fra uomo e animale che sfugge all’attuale cultura di Stato, la cui consapevolezza esige profondità di intuito, appunto, individualismo etico, capace di guidarci armoniosamente non solo verso mera sopravvivenza ma al benessere, cioè verso l’essere dell’unico bene possibile, degno della specie umana: la dignità dell’individualità, la quale è di per sé anche sistema immunitario per ogni tipo di problema o di paura rispetto al mondo esterno e al domani.

Via 10ª = 57-20, 57-34

57-20 (in fieri)

57-34 = Luce del pensiero al servizio della comprensione del mondo

Si tratta dell’interiore potenziamento proveniente dall’accoglimento del pensiero intuitivo che, penetrando le cose, (esagramma 57) sa liberarsi di quanto non è essenziale all’evoluzione ed alla creatività individuali. Il pensiero al servizio della comprensione del mondo, in quanto poggiante su immaginativa morale (individualismo etico) e sull’amore per l’azione, costituisce il potere per eccellenza (esagramma 34) nella misura in cui l’esplorazione del mondo avvenga tramite una scienza naturale capace di comprendere se stessa.
Detto con altre parole, questo tuo talento è la facoltà di riconoscere che per esempio una terra capace di riconoscere se stessa non può esistere se non come essere umano, la cui specie è diversa da (e nuova rispetto a) ogni altra specie vivente. Anticamente detta specie dei “figli dell'uomo” essa è caratterizzata dal fatto, inaudito prima di Cristo, che i suoi appartenenti avrebbero incominciato ad incarnarsi come "io", ognuno costitutivo di una specie a sé, “non poggiante su carne e sangue”. Anticamente gli uomini parlavano di sé in terza persona singolare, come è rilevabile dai testi antichi in espressioni come “Il mio spirito esulta”, “L’anima mia glorifica”, “L’anima mia magnifica”, ecc. Solo con l’avvento dell’Io sono, gli uomini non hanno più bisogno di essere diretti da fuori. L’eterodirezione finisce nella misura in cui è possibile sapere in se stessi e con certezza che all'essenza del pensare nulla può essere aggiunto che non si trovi già nel pensare stesso. Il pensiero al servizio della comprensione del mondo è il più grande potere umano, essendo luce. Di fronte a ciò il potere delle tenebre vorrebbe continuare a dominare l’uomo e ciò rende infelice l’uomo.
Oggi la gente è infelice perché è immersa in una cultura contraria alla luce del pensiero. Cultura significa “culto di Ur”, ed “Ur” significa luce. Se spegni la luce c’è la tenebra. Da questa oscurità proviene la cultura di Stato, i professori delle tenebre, i ministri delle tenebre, i sacerdoti delle tenebre, i magistrati delle tenebre. Di conseguenza viene meno anche la certezza del diritto alla vita (vedi per es., l'articolo 2266 del catechismo romano in cui viene “teologizzata” la “guerra giusta” e perfino la pena di morte.).
Osservare tale degenerazione, dovuta all’avversione rispetto al pensare umano è un sintomo dell’attuale disagio in tutto il pianeta e nei suoi settori più disparati. Per es., le scoperte della fisica in merito alle onde che percorrono lo spazio, avrebbero dovuto incitare gli specialisti di altre discipline ad estendere le ricerche al campo del pensare. Fabbricare apparecchi radio in grado di ricevere programmi da tutto il mondo, è mirabile; ma anche la testa umana è un apparecchio che emette e capta onde, e sarebbe importante fare indagini anche in questo campo. Così, per es., la fotografia è il punto di arrivo della storia dell’occhio; il telefono, la radio, il radar, il computer, sono apparecchi che già esistono nell’uomo; il suo solo cervello è un telefono, una radio, una televisione, un radar, un computer, e molto di più. I veri strumenti, sempre più perfezionati, che interessano l’uomo sono quelli che grazie a scienza e tecnica egli ha incessantemente creato per propria comodità e/o ulteriore creatività. Al contrario, gli apparati predisposti nell’uomo per esplorare le profondità della sua interiorità sono trascurati, anche se infinitamente più vasti e più mirabili. E l’incongruenza di ciò, vale a dire l’avversione dell’uomo per il suo potere di luce (del pensiero al servizio della comprensione del mondo), sta nel fatto che scienza e tecnica sono riuscite ad arrivare dove sono arrivate, proprio perché l’uomo possiede nel suo pensare apparati che sono i modelli di quelli che riesce a fabbricare materialmente. Se così non fosse, nessuno studio, ricerca, ragionamento, avrebbe potuto portarlo a simili scoperte. Oggi in realtà l’uomo non ha più bisogno di produrre, perché lo fanno le macchine. Ha solo bisogno di godere del frutto creato dal suo capo e dal conseguente capitalismo. La degenerazione del pensare umano invece tende a vedere il lavoro umano come componente della sua dignità, mentre è invece sempre più componente della sua schiavitù. Liberarci dalle depressioni, dalla prosperità stagnante, dalla “disgrazia” della disoccupazione, è possibile a cominciare dalla liberazione dal pensiero fasullo, riconoscendo i fattori che determinano questi fenomeni. Altro esempio: la telepatia è oggi riconosciuta da alcuni scienziati, ma pochi di costoro osano estendere le loro conclusioni all’educazione e al dominio del pensiero. Inoltre, dato che i ricercatori hanno constatato che le onde non conoscono frontiere, per essere in accordo con questa scoperta, dovrebbero informare senza indugio la gente, affinché nel mondo intero tutti lavorino per l'abolizione delle frontiere fra i paesi e fra le culture.

Via 11ª = 20-34; 20-57 (in fieri)

Via 12ª = 11-56

Curiosità rivolta al come ottenere pace, prosperità e giustizia

La curiosità di coloro che sperimentano un continuo flusso di idee, la maggioranza delle quali non possono essere applicate al reale, non può produrre pace (esagramma 11). Perciò questi curiosi, altrettanto facilmente, mutano idea, ed hanno continuamente bisogno di essere stimolati, per stimolare gli altri con nuove “idee di moda”.
La tua curiosità è rivolta invece all’“aumento del reddito naturale”, inteso come reale pacificazione degli esseri, e ti chiedi: come può la natura essere aiutata nella sua produzione? La risposta è: riunire superiori ed inferiori al fine di fare scaturire una volontà comune indirizzata al soddisfacimento del bisogni nel tempo presente (ibid.). Questo significa innanzitutto la capacità di distinguere gli strumenti necessari per la distribuzione dei prodotti a tutta la collettività. Goethe infatti diceva: per orientarti, devi prima distinguere e poi unire (cfr. I King, Ed. Astrolabio, nota 1 dell’esagramma 11, pag. 104). Gli strumenti sono i soldi. Ecco perché vengono chiamati “strumenti” monetari.
Detto con altre parole, ciò significa solo una cosa: dare attuazione al 2° comma dell'articolo 42 della costituzione. E questo è possibile dando ad ogni cittadino un minimo di sussistenza in attuazione del 2° comma dell'articolo 42 della costituzione, proprio per rispettare la costituzione. La costituzione va rispettata da tutti, anche dai consigli comunali. E siccome questa norma della costituzione italiana è stata sempre ignorata, bisogna dire ai consiglieri comunali e ai sindaci che è ora di rispettare quel comma, perché esso parla dell'accesso alla proprietà per tutti. Ecco che diventa allora proponibile la creazione giuridica reale di un diritto alla vita, cioè un diritto della persona con contenuto patrimoniale, dando ad ognuno un po' di "crediti", moneta nuova, moneta comunale: moneta intesa come proprietà.
Senza questo orientamento di distinguere ed unire superiori ed inferiori, continuiamo ad usare le nostre esperienze passate per illustrare le nostre idee e stimolare gli altri, ma lo facciamo in fondo per convincere… noi stessi. Proprio perché non ne siamo convinti. Allora bisogna imparare a distinguere maggiormente le cose, se no facciamo come i politicanti, e siamo viandanti (esagramma 56) con la puzza al naso, capaci solo di imprigionare la gente nel vecchiume, in leggi, regole fiscali, che esigono poi condoni fiscali e indulti, perché le prigioni non possono essere le dimore degli uomini. Ecco perché ogni tatticismo politico, suscitatore di mere reazioni emotive negli ascoltatori, è incapace di fornire prove concrete e di distinguere alcunché, ed è destinato a fallire. Tu, in quanto cittadina del mondo, non sei destinata a fallire.
Il tuo vagabondare in ricerca di pace e di prosperità, genera, sì, iniziale irrequietezza, ma poiché sei continuamente alla ricerca di motivazioni reali per una pace reale, troverai anche il benessere secondo giustizia.
Partirò dunque dall’idea del condono fiscale e dall’oggi, per spiegare questo tuo potere di attuazione di pace e benessere reali in te stessa e, per conseguenza, in coloro che ti contatteranno.
Il condono fiscale è infatti il sintomo di un senso di malessere. Ci troviamo in una circostanza di rarefazione monetaria esasperata, non prevista dalle “autorità” monetarie, cioè da coloro che non possono prevedere alcunché, poiché essendo cretini, convinti che il tempo non ha realtà scientifica, si basano solo su constatazioni, continuando a ripetere “prendiamo atto”. Prendono atto però il tempo passa e non fanno niente, mentre le tue tasche si svuotano.
Con l’avvento dell’euro, la moneta è poca, e vale la metà del potere d’acquisto che aveva precedentemente la lira. Perché? Occorre distinguerne, ancora secondo il saggio Goethe, i motivi. Il primo motivo è il petrolio, il cui prezzo continua ad aumentare.
Ciò accentua il prelievo di soldi dal mercato, in quanto essi vanno a finire, riciclati non nelle tasche di chi li rispende nel mercato interno europeo, ma nelle tasche delle grandi banche centrali, e in modo particolare in quella americana e dei petrolieri. Occorre rappresentarsi un organismo umano da cui si continui a prelevare sangue. Cosa succede? Muore. E cosa sono i soldi se non i globuli rossi del mercato?
Facendo questa comparazione è possibile soddisfare in modo esauriente la curiosità rivolta al come ottenere pace, prosperità e giustizia: la moneta è il sangue del mercato e di tutto l’organismo sociale. Questo significa che il principio della circolarità del sangue, cioè il principio che dovrebbe guidare la circolarità monetaria, è venuto a mancare, perché più petrolio consumiamo, più si ha rarefazione monetaria. E siccome contemporaneamente il prezzo del petrolio aumenta, l’euro subisce in continuazione due spinte: rarefazione sui mercati europei, e sottovalutazione, cioè potere d’acquisto che scema. E il potere d’acquisto che scompare è per il mercato come ossigeno che viene a mancare negli scambi. Ecco perché il senso di malessere che dilaga in tutta Europa si va accentuando sempre di più.
Occorre dunque veramente “distinguere” le motivazioni del disagio, se davvero vogliamo “unire” poi il rimedio pacificatore.
Il rimedio pacificatore non è solamente un rimedio che può essere proposto a livello nazionale o a livello della comunità europea. Deve assumere dimensioni mondiali. Qui sta la possibilità di saziare ogni curiosità in merito alla pace ed alla prosperità.
Essa deve partire dal basso. Non dall’alto.
Perché “il cielo si è posto sotto la terra” (esagramma 11) e “da ciò nasce pace e prosperità per tutti gli esseri” (ibid.).
Invece oggi, dopo aver creduto possibile costruire la casa UE a partire dal tetto, si crede possibile che coloro che ci governano possano ancora rimediare stando sul tetto come palloni gonfiati.
In Inghilterra, per esempio, vale il principio che chi governa deve dare, la casa, il mangiare ed il vestire. Di fronte a questa notizia il debole di pensiero è tutto contento, perché gli sembra un’ottima cosa da imitare. Però non si accorge che questo non è altro che il principio dell'allevatore di bestiame. Cosa programmano i bergamini o gli allevatori di bestiame? Programmano la qualità e la quantità di mangime da distribuire; programmano i consumi delle pecore o dei polli che allevano, come conseguenza della programmazione della produzione.
La curiosità rivolta al come ottenere pace, prosperità e giustizia esige invece un ragionamento inverso. Dobbiamo voler dare al cittadino non i beni materiali ma il denaro per comprarli. Solo così il cittadino, quando spende la sua moneta, può scegliere i beni che vuole consumare. E così facendo determina la cosa più importante: il mercato. Perché condiziona i prezzi di mercato, e cioè la produzione.Quindi la programmazione produttiva va pensata e fatta dal basso, non dall'alto. Dall'alto lo fa l'allevatore di polli in batteria.
Tutti i politici che ci governano parlano infatti di programmare il benessere, tradendo la loro mentalità di allevatori di pecore o di polli.
Pretendendo di fare scelte dall'alto, come quando dicono in merito all'auto: "Come si fa a consumare e a programmare se c'è il problema dell'automobile?". Ecco. Sono privi di idee, completamente “spensierati” in quanto il loro mensile è 50 volte quello di un operaio.
Allora la risposta non può essere che una: mettere i soldi nelle mani del cittadino. La cosa è possibile ed è stata calcolata sulla base della proprietà popolare della moneta. Quando parli di questo principio universale dai un significato pregnante all'espressione: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". La parola "nostro" è qui molto indicativa in quanto anticipa, o perlomeno qualifica la parola "pane". E questo è molto importante. Perché vuol dire che l'uomo, prima di tutto, deve avere la dignità giuridica. Se il diritto non è anche dignità che diritto è? È come un caffè che ti tira giù, verso il bestialismo materialistico pratico: l'uomo o ha il diritto di pretendere ciò di cui ha bisogno, oppure è ridotto al livello in cui è in batteria come un pollo, cioè di allevamento di bestiame.
Questo principio della dignità giuridica è risolvibile solamente con uno strumento monetario nuovo, adatto ai tempi.
Ecco la grande lacuna culturale della tradizione romano-cristiana: la moneta.
Perché dopo il Cristo, che diceva che la moneta fiscale doveva trovarsi nei pesci, e che li moltiplicava col pane per tutti, nessuno ha chiarito cos'è la moneta.
La moneta è una fattispecie sociologico-giuridica a due facce: è misura del valore, come diceva Aristotele, e potere d'acquisto, come dicono le tue tasche. Le due cose, misura del valore e potere d'acquisto, non sono separabili, anche se vanno capite nella loro essenziale diversità.
La misura è convenzione, e dipende dal convenire degli esseri umani verso l'accordo per la convenienza di tutti. Cioè: è utile che ci mettiamo d’accordo tutti per valutare i nostri reciproci interessi.
Il potere d'acquisto invece non dipende da tale accordo, bensì dalla quantità aritmetica delle unità monetarie. Cioè: è inutile che ci accordiamo se i soldi mancano, perché parliamo solo di sogni.
Occorre allora essenzialmente comprendere che l'unità di misura non è l'unità aritmetica. Perché se così fosse, la matematica sarebbe invenzione umana, convenzione umana.
In realtà non è così.
La matematica è sempre e soltanto una scoperta: perché se ho due pani e ne mangio uno, scopro di restare con un solo pane, e questa non è una mia opinione, né un'invenzione, né una convenzione, né qualcosa di relativo. Ed oltretutto è inutile negare realtà al tempo quando il tempo passa e senti la fame.
Oggi invece anche i docenti di matematica insegnano che la matematica è un'invenzione, una convenzione.
Questo è molto grave.
Perché allora si può dire che tutto è anche il contrario di tutto.
Come si fa allora? Si pensa. Si riflette, e si distingue.
Ogni unità di misura è creata per convenzione: il costo tipografico o di conio del simbolo, rispettivamente a carta o a metallo, è pressoché nullo, e tale unità di misura non può che essere accettata per convenzione. Convenzione significa che la moneta ha valore per il solo fatto che noi ci mettiamo d'accordo che lo abbia. Dunque senza l'aiuto del nostro convenire sociale all’accordo convenzionale per l’universalità della convenienza universale, cioè per la convenienza di tutti, una moneta nuova, cristianizzata, non è possibile. E perché questo? Perché la moneta non è solamente un fatto economico, ma è un fatto che tocca anche aspetti spirituali: come lo spirito d'impresa, senza soldi significa impotenza, in quanto non si può produrre alcunché, così non può esiste il denaro senza spirito, perché anche per guadagnare occorre una certa dose di ingegno, che è spirito.
Oggi invece quando si parla del denaro, se ne parla ancora secondo una speciale magia nera, che non permette di considera l'induzione di valore nel denaro attraverso lo spirito. Si parla di denaro e di salario solo per mettere chi lavora contro chi da' lavoro, mentre queste due categorie dovrebbero oggi unirsi non combattersi. Ecco il senso dell’unirsi, “superiori” e “inferiori” non sono più oggi due categorie da considerare in lotta, perché oramai il bubbone è esploso e si è visto che i capitali di ambedue queste categorie di persone sono manipolati dai banchieri.
Il nemico comune è l'usurocrazia mondiale, cioè la magia nera dell'usura "legale". Il nemico è casomai chi presta quello che è già del popolo. Ecco dunque perché il margine di profitto del datore di lavoro, quanto il salario dell'operaio, sono gravati entrambi da un debito non dovuto verso la banca centrale. Ecco allora il senso dell’unire queste due categorie, ma non solo: sinistra e destra dovrebbero stringersi la mano sulla proprietà popolare della moneta. Non per essere innovatori piuttosto che conservatori, ma per essere secondo ciò che è giusto.
Occorre pertanto incominciare a distinguere fra di loro il concetto di moneta e quello di debito: quando si parla di moneta-debito occorre sempre tenere presente che la moneta non può essere debito, e che va intesa piuttosto come oggetto del debito. Comprendendo questa distinzione si comprende anche che la moneta è in realtà oggetto del diritto di proprietà, ed eventualmente anche di credito o di debito. Solo in tale modo si può comprendere che è allora possibile liberare la moneta dal debito, facendole però conservare la proprietà. La non distinzione fra proprietà e debito, o la negazione del valore indotto dal cittadino nella moneta, non può che generare invece confusioni, chiusure e nuova usura.
Il valore indotto è come l'ossigeno portato dal globulo rosso: il globulo del sangue prende l'ossigeno e lo porta in tutto l'organismo, così come il simbolo monetario prende il potere d'acquisto, che è l'ossigeno del mercato, e lo distribuisce a tutti gli operatori del mercato, fino a tutti i capillari dell'organismo sociale.
Infatti, se non si comprende che l'ossigeno è indotto nell'organismo umano dalla subconscia volontà dell'essere umano, che deve diventare consapevole - nella misura del possibile - come naturale ed etico istinto di conservazione, manifestantesi come respirazione, non si capisce neanche che l'ossigeno monetario è indotto nell'organismo sociale dalla subconscia volontà creativa dell'essere umano, come naturale ed etico istinto di conservazione, manifestantesi come attività del pensare universale, il quale conferisce valore alla moneta materiale, che tramite idee e interessi, diventa strumento (monetario) per la loro realizzazione: questo è il valore indotto nella moneta dal cittadino attraverso la sua buona volontà, creatività, idea.
Infatti nello stato di veglia il momento dell'inspirare è quello in cui ascoltiamo o percepiamo le cose del mondo esterno, mentre quando espiriamo, o parliamo, oppure uniamo le nostre percezioni a concetti e idee sotto forma di rappresentazioni, proposte, creatività, prospezioni dialettiche della nostra volontà di essere umani, cioè dei motivi del nostro fare.
Qui, proprio nel nostro respiro, occorre allora divenire consapevoli che l'ossigeno monetario è talento, cioè induzione di valore reale nella moneta, che decidiamo in comune accordo di adottare.
Fuori da questa consapevolezza, anche ogni yoga è inutile, e non si può che ridurre la moneta a debito, perché si crede che il valore sia una proprietà della materia, mentre esso non è altro che un rapporto fra noi e la materia, o fra noi e il materiale umano che costituisce i nostri simili, se proprio vogliamo essere materialisti. Fuori dalla consapevolezza che l'ossigeno monetario, immesso nel simbolo monetario, è valore indotto, si riduce dunque la moneta a debito, anche perché in base allo schema kantiano della teoria del tempo, salta il concetto di previsione del potere d'acquisto.
Da questo punto di vista Auriti è l'unico pensatore che si è accorto del kantismo monetario come teoria da superare, esattamente come se ne era accorto Rudolf Steiner.
La risposta al come ottenere pace, prosperità e giustizia è dunque la moneta di proprietà del portatore, da attuare ovviamente col senso della misura, cioè gradualmente. Perché la moneta è il sangue del mercato, e non possiamo di colpo levare il sangue.
Solo riuscendo ad attuare la nuova moneta dei popoli sarà possibile la trasfusione nel sangue malato della moneta debito una nuova linfa vitale, l’ossigeno necessario, cioè il valore consapevolmente indotto. Altrimenti i bambini continueranno a morire a causa del medesimo “Erode” di 2000 anni fa, anche se oggi Erode si è fatto molto scaltro e si basa sull'addormentamento dei popoli.
Anche se si comincerà a farla circolare in un piccolo centro o gruppo, essa si allargherà a macchia d'olio, proprio come aveva incominciato ad allargarsi a macchia d'olio il cristianesimo con la moltiplicazione dei pani e dei pesci "contenenti moneta fiscale".
Pesce in ebraico si dice "dag", e da qui nasce il concetto di dogma.
Questo della moneta proprietà del portatore è pertanto l'unico dogma possibile, anche per ogni confessione religiosa o politica che abbia a cuore il benessere universale. Il possibile crescerà dando l'esempio, come Gesù di Nazaret che insegnava con l'esempio.
La differenza fra civiltà e barbarie, fra pace e guerra, fra benessere e malessere è appunto quella fra moneta-proprietà, cioè moneta cristianizzata o umanizzata, e moneta-debito anticristiana.
Noi oggi abbiamo la barbarie perché l'uomo è ridotto ad un livello inferiore a quello della bestia. Perché con la moneta debito, perde la proprietà non solo della moneta ma di tutto il suo patrimonio, e persino la sua dignità.

Via 14ª = 13-33 (in fieri)

Via 13ª = 12-22 (in fieri)

Via 15ª = 16-48 (in fieri)

Via 16ª = 17-62

Capacità imprenditoriale e di veggenza

È il potere di chi, essendo orientato alla visione di cose ed opinioni, sa superare il livello meramente logico di esse, attraverso la capacità di cogliervi la preponderanza del minimo dettaglio (esagramma 62). In tal modo egli sa farsi seguire (esagramma 17).
Senza questa capacità, le cose comprese rimarrebbero mere astrazioni teoriche, e sarebbero accettate dal mondo esterno come parola vuota, filosofismo ciarliero. Invece così non è, in quanto qui il connubio fra veggenza logica e analisi del particolare fa evolvere il pensiero meramente logico in pensiero conforme alla realtà, in modo da facilitare tanto la comprensione delle strutture e delle dinamiche delle cose, quanto la possibilità di condividerla con gli altri. Questa abilità istantanea di condividere ciò che si comprende è tipica di chi è organizzato per imprendere qualcosa di concreto, avendo in sé il potere di indagare le cose nei particolari, di catturarne dettagli, che per altri sono magari marginali e impercettibili, e di trarne conclusioni conformi alla realtà. Un esempio televisivo di questo potere, è rappresentato per esempio dalla “capacità imprenditoriale” del “tenente Colombo".

Via 17ª = 18-58

Sete di giustizia che migliora il mondo

La sete di giustizia, in quanto massima capacità di giudizio critico, può mondare il mondo, cristianizzandolo, cioè facendolo umano nel senso più alto. L’emendamento delle cose guaste (esagramma 18) conduce al sereno (esagramma 58) se la tendenza a scoprire anomalie non rimane solo sul piano critico o della contestazione, ma sazia anche la sete di giustizia: attraverso volontà evolutiva capace di correggere le anomalie, oggettivamente osservabili nel mondo esterno. Se tale volontà e sete mancano si può sempre e solo scovare la pagliuzza nell’occhio altrui, ma non ci si può accorgere della cecità volontaria causata dalle travi antiveggenza. Allora ci si ammala di rimozione del giudizio critico e si diventa molli e mesti esattamente come i cattolici nati cattolici e mai divenuti cristiani.
Se non si diventa cristiani, nascere cattolici non serve ed, anzi, spegne ogni nostra sete di giustizia. Allora lo spirito di gruppo, rafforzandosi, si sostituisce allo spirito individuale, e riducendo l’essere umano a fare “ciò che fan tutti”, genera schiavitù, succubanza, e signoraggio, perché riesce a deviare la sorgente dell’energia umana verso il basso, prosciugandone la naturale essenza verso l’alto.
Proprio attraverso questa dinamica, l’io umano diventa subconsciamente io di gruppo, scientificamente persuaso della eticità dell’animalizzazione umana. Si crede scientifico, e di conseguenza evolutivo, ridurre l’uomo a specie animale. La specie umana, anticamente detta del “figlio dell’ uomo” è invece quella dell’unigenito, cioè dell’individualità generata dall’unico “io sono”.
La “specie animale uomo” è una specie “animale” unica ed eccezionale rispetto alle altre specie animali. Per esempio: mentre la specie animale delle rondini ha un io di gruppo, per cui l’individuo vola in cielo, come pilotato da un radar aggruppante, quando deve con gli altri virare nel medesimo istante e mutare la rotta di volo, la specie animale degli uomini ha un io non di gruppo, ma per ogni individuo, ed ognuno può “volare”, “virare”, e “cablare” da sé, “pilotarsi” come specie umana a sé, e capace di indicare se stessa come “io”.
Se abbiamo una scodella talmente vecchia che il suo materiale fa crescere vermi in ogni suo contenuto significa che è inutile operare sulle cose guaste del contenuto, ma che occorre cambiare scodella.
Se continuiamo a mettere vino nuovo in una vecchia botte tarlata, che poi si rompe, significa che dobbiamo mettere il prossimo vino nuovo in una botte nuova per non disperdere continuamente il vino.
Quando però l’indifferenza si incontra con l’inerzia dell’io di gruppo, si è tutti colpevoli del fatto che tutto finisca nello stagnamento. La stagnazione è dunque segno che tutti siamo invitati a rafforzarci in noi stessi, cioè nel nostro pensare, per eliminare la colpa attraverso l’emendamento di ciò che guasta.
Se ciò che guasta è la legge del gruppo, il lavoro di emendamento del guastato è compito sociologico-giuridico, che promette spensieratezza dell’essere lieti nella misura in cui si pensi non in modo debole.
La spensieratezza dell’essere lieti non poggia sulla mollezza dei costumi o della convenzione, ma sull’attuazione di idee-forza, senza le quali si scambia la gioia con la mestizia.
La vera letizia poggia su forza: sul fatto che dentro sussistano forza e saldezza, le quali luminose compaiano all'esterno: temperate e miti. L’aggettivo “mite” non deve trarre in inganno ma fare i conti col contenuto del concetto di epicheia da cui proviene.
Per spiegare questo tuo potere di giudizio critico e di sete di giustizia che migliora il mondo farò due esempi, uno teologico e l’altro astrologico.

Esempio teologico

Nella teologia si associa volentieri Gesù di Nazaret al concetto di mitezza. Però quando con tale associazione di idee si arriva al passo in cui Gesù frusta i cambiavalute e rovescia i banchi (banche) ci si trova ai ferri corti. Come fa un mite a frustare la gente se è mite? Qui teologo si imbestialisce facendosi mesto.
La parola “mite” è in realtà un concetto di misura, e proviene dal sanscrito “mita”, che significa “misurato”. Non significa molle. Parlare di Gesù di Nazaret come di una persona molle, , traducendo appunto con “mite” il concetto greco di “epi-eikeia” è sensato quanto pretendere di fare apparire come Gesù come una specie di Fantozzi mansueto.
Epicheia significa letteralmente "equità", ed è inteso propriamente come il principio interpretativo che non tiene conto di una legge quando nel caso individuale e singolo il suo adempiersi risulti immorale.
Epicheia è la "politica" di Gesù, sempre equa. Chi però non conosce il contenuto del concetto “epicheia” viene avvelenato, addormentato, e freddato dalla legge, in quanto non sa - non può sapere teologicamente - che ogni legge ha bisogno di essere interpretata da ogni individualità. Ecco perché il detto "summum jus, summa iniuria" significa che stare troppo attaccato alla legge genera solo ingiustizia e tensioni: la legge infatti produce ira ("lex enim iram operatur", Rom. 4,15) e, se resa troppo rigida, è la rovina dell'uomo.
Per questo motivo esiste l'epicheia. Essa consiste nella capacità di praticare lo spirito della legge, e di capirlo, andando, se necessario, contro la lettera stessa della legge. A volte infatti, proprio per salvare l’intenzione della legge, occorre violarne la lettera.
E Gesù, stando al racconto degli evangelisti, lo fa sempre. Per esempio, a serviva il sabato per il vecchio testamento se non a significare la libertà che il cielo dava ai suoi figli “schiavi in Egitto”, dato che lì evidentemente non c'era alcun sabato e neanche si poteva pensarci? Gli esseri umani, prima di uscire dall’Egitto dovevano lavorare tutti i giorni, dalla mattina alla sera, perché comandava il faraone, e a lui interessava semplicemente che costruissero città. Quindi, sempre secondo il racconto biblico, essi avevano ben poche prospettive di vita. Ecco perché quel settimo giorno, era segno della loro libertà, e di quella vita nuova e libera che il cielo, o YHWH, aveva operato in loro. Ed ecco perché curare in giorno di sabato era considerato proibito dalla legge del vecchio testamento. Però nel nuovo testamento, curare nel giorno di sabato deve stabilirlo l’individualità, non la Bibbia, né il vangelo, che viene scritto dopo l’avvento di essa. Prima di tale avvento l’uomo indicava infatti se stesso in terza persona: “l’anima mia magnifica il Signore”, “il mio spirito esulta”
Perciò chi legge il vangelo può accorgersi che la concezione legale di Matteo coincide con la “politica” di Gesù, vale a dire con la pratica dell'epicheia assoluta: il figlio dell’uomo, cioè l’io, signore del sabato (Mt. 12,8; Mt. 12,12; vedi anche Mc. 2,23-24; 2,27-28; Lc. 4,31; 6,1-2; 6,5-7; 6,9; 13,10; 13,14-16; 14,1-5; Gv. 5,10-18; 7,22-23; 9,14-16) è la concezione legale di Gesù.
Dunque è chiaro: se il curare rientra nell'esperienza di liberazione e di libertà - dato che quando curi una persona, la liberi esattamente da un suo limite, da una sua povertà - allora, in giorno di sabato è lecito e cristiano guarire. Questo va contro la lettera della legge, ma non va certamente contro lo spirito di essa: la legge del sabato era stata data per liberare l’uomo e per impedirgli di diventare schiavo, non per mortificarlo o per impedirgli di diventare sano. Ecco perché l'azione basata su epicheia è corretta, anche se il praticarla comporta problemi, in quanto il potere dell'iniquità cerca sempre di eliminarti se la metti in pratica (Mc 3,6), soprattutto se, come cittadino “sovrano”, tenti di praticarla in merito ai tributi: il principale capo d'imputazione che conduce alla crocifissione colui che “impediva di dare i tributi” fu quello di sedizione antitributaria, dato che questa imputazione viene messa da Luca prima rispetto a quella di affermare di essere Cristo re (Luca 23,2).
La logica del diritto o delle leggi non va confusa con il loro senso, ed il senso della civiltà del diritto può essere dato solo da un pensare conforme alla realtà non da filosofia teoretica delle scuole di Stato.
La salute dello Stato si chiama guerra in quanto le guerre arricchiscono banchieri e multinazionali. Dunque solo con la sete di giustizia che migliora epicheicamente il mondo si può sapere che per poter usare moneta propria, nessun pubblico, nessuna collettività, ha bisogno di indebitarsi con privati (i soci privati delle banche centrali, che impongono tale debito al pubblico).
"I precursori di un mondo senza guerre", diceva Einstein, "sono quei giovani che rifiutano il militarismo", indicando sostanzialmente il contenuto del concetto di epicheia e indirettamente il rifiuto di pagare le tasse, se esse servono per fare guerre. Il conflitto “socio”-politico di tutto il pianeta è nella sua profondità un conflitto teologico in cui vi sono da un lato i nati cattolici che mai sono diventati cristiani, e che non pensano minimamente a diventarlo, e dall'altro lato i pochi cristiani che sanno comprendere il motivo per cui Gesù fu crocifisso: l’obiezione fiscale. "L'ordinamento sociale fondato sull'autorità" - scriveva Lev Tolstoj - "non può essere giustificato: il cristianesimo, nel suo vero significato, distrugge lo Stato. Esso fu compreso fin dal principio ed è perciò che Gesù Cristo fu crocifisso" (Lev Tolstoj, "Il Regno di Dio è in voi", Ed. Manca-Publiprint, Genova-Trento, 1991).
Pertanto senza sete di giustizia non si può comprendere l'obiezione fiscale di Gesù di Nazaret, né si può risolvere il problema del male, rappresentato oggi dalla succubanza dei governi politici ai governatori delle banche centrali.
Certamente, al centro del “programma” politico di Matteo, la concezione legale di Matteo comporta non l'abolizione della legge e dei profeti dell’antico testamento, ma il suo compimento (Mt. 5,17-20), ma tale compimento non è l'attuale stile gattopardiano in cui tutto deve cambiare affinché nulla cambi. Perché non si tratta di imbottigliare la legalità nell'osservanza formale ed astratta che fa dell'uomo un robot o uno schiavo, ma di mettere il vino nuovo in otri nuovi (Mt. 9,14-17). Ciò è possibile valutando sempre con giudizio critico e con epicheia se, quando, e come, praticare l'osservanza della legge.

Esempio astrologico

Nell’astrologia si associa volentieri l’astrologo al mago, capace di dare sollievo a disperati attraverso previsioni fatte in base all’osservazione dei transiti di corpi celesti. Però tutte queste previsioni sono insensate, se non si è in grado di prevedere che senza un passaggio dalla moneta sporca a quella pulita si rimane nella depressione o nella voglia di morire. A questo punto, se dici la cosa all’astrologo, anche l’astrologo si imbestialisce facendosi mesto. Lo stesso succede con tutti gli psicologi, gli analisti, e terapeuti vari. Perché tutta questa massa di curatori, dovendo operare in un organismo sociale avvelenato da una moneta concepita come debito, non può fare altro che indurre ipocritamente i “malati”, cioè gli aspiranti al suicidio a convivere con la menzogna. Diceva Jung, che secondo me è il rappresentante migliore di questi curatori: “Il concetto di Dio è in sostanza una necessaria funzione psicologica di natura irrazionale, che non ha assolutamente nulla a che fare con l'esistenza di Dio” (Carl Gustav Jung “Die Psychologie der unbewussten Prozesse”, Zungo 1917). Chiamando “necessaria” la follia, egli non poteva fare altro che costringere la psicoanalisi (ma questo vale anche per ogni astrologia o teologia dell’essere mesti) nella logica della menzogna. Infatti sostanzialmente afferma: “l’uomo ha la disposizione a presumere l’esistenza del divino”. Poi però aggiunge: “ma un essere divino, ben inteso, non vi può essere”. Che significa ciò?
Affermare che l'uomo è fatto in modo che per conservare la sua sanità mentale, deve presumere un essere divino, anche se questa è follia irrazionale, è sensato quanto affermare che se l’uomo vuol essere sano deve ammalarsi o convivere con la menzogna perché con la verità non può vivere.
A questo punto il candidato al suicidio preferisce morire. Perché sostenere il sistema come giusto quando giusto non è, come immettere nel sangue malato altro sangue malato. Per guarire invece mischiare sangue pulito a quello sporco per sostituirlo gradualmente e migliorare il sistema. Ecco perché nell’organismo sociale occorre una nuova moneta: la moneta è il sangue del mercato e dunque dell’organismo sociale. È una necessità
Altrimenti l’alternativa è il suicidio. Chi è il suicida? Il suicida non è uno che è stanco di vivere, ma che è stanco di non vivere. Il suicidio è il segno della sete di dignità, della sete di giustizia, e dunque della sete di vita. La vita fatta di non rapporti non è vita, né dignità. Il suicida non tollera di essere umiliato perché non ha rispettato le scadenze di pagamento ed è venuto meno alla parola data. Il suicidio è segno di nobiltà. È segno di gente che si sente moralmente integra. E allora preferisce all’umiliazione il suicidio. Oggi i vivi invidiano i morti. Perché i vivi vivono da zombi, da Ufo, oggetti non identificati. Il suicidio da insolvenza è la prova che gli esseri umani preferiscono identificarsi morendo piuttosto che sottostare al dominio degli zombi. Perché anche i manipolatori di capitali sono zombi antilogici, in quanto sono costretti a vivere con la scorta, per paura di morire, per paura degli attentati, per paura delle torri gemelle, ecc.Dacci oggi il nostro pane quotidiano! Il pane va dato. Non va prestato. E il pane può essere preteso dal cittadino quando il cittadino ha la proprietà della sua moneta.
Questa esigenza segna il cielo di oggi perché ciò che oggi è ancora celato è l’avvento dell’io, cittadino sovrano. I segni del cielo vanno scrutati con discernimento e non solo per interpretare aspetti planetari. Cristo invita a farlo in modo perentorio: “Sapete discernere l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo (del figlio dell’uomo) non sapete discernerlo?” (Lc. 12,36).

Via 18ª = 19-49

Soppesamento di interessi conviviali

Soppesamento di interessi conviviali
Avvicinarsi al regno animale ed alla natura, osservandone i rapporti col regno umano, conduce alla possibilità di soppesare il valore degli interessi conviviali di tutto l’organismo sociale. Se possiedi un cane, sai probabilmente che vi è più amore nei cani che negli umani, e convivere con gli animali è a volte più facile rispetto al convivere con i nostri simili. Come mai?
Premesso che la convivialità è opera esclusiva di persone in grado di motivare la giustezza dei mezzi usati (non secondo l’ottica del fine che giustifica il mezzo ma secondo quella che ogni mezzo ingiusto rende iniquo il fine giusto) e capaci di opporsi:

1°) alla corruzione del linguaggio quotidiano;
2°) all’idolatria della scienza;
3°) ed alla svalutazione delle procedure formali mediante le quali vengono prese le decisioni sociali (senza quest’opera il costo della difesa dello status quo non può che salire vertiginosamente determinando esclusivamente scontento, deprofessionalizzazione e progressiva depressione economica);

premesso tutto questo, l’avvicinarsi (esagramma 19) al collettivo PER LA CONVIVIALITÀ DI TUTTI è un bisogno universale, spirituale e materiale, di ogni essere umano.
Questo bisogno di interazione con gli altri è benefica comunione se capace di offrire continua sicurezza, così come per esempio è rassicurante sapere che il nostro frigorifero è pieno, o che vi sono persone che si occupano di noi, per cui possiamo contare su un buon gruppo di amici, colleghi, compagni, ecc., interagenti con altri, anche per vedere se le rispettive esigenze si incontrano.
Senza il soddisfacimento di tale comunione, nascono sostituzioni compensative, surrogati insoddisfacenti che sfociano poi nella dinamica alienante della rimozione psicologica: come la carenza di amore per gli animali (vedi ad es. l’uso delle cavie per gli esperimenti scientifici) genera eccessi di amore per gli animali diventando animalismo, sovvertendo così i relativi valori e bisogni, così la carenza di comunione fra la gente diventa comunismo. Nella misura perciò del sovvertimento (esagramma 49) dei valori e dei bisogni universali umani, la comunione diventa comunismo. I principi di qualsiasi relazione sono allora stabiliti in modo inverso: si decide in un senso o nell’altro in quanto i principi non si incontrano, scattano le divisioni, e nasce l’esigenza della “rivoluzione”. Ma la rivoluzione per la convivialità può generare sangue?
Il potere genetico del soppesamento di interessi conviviali è appunto questa facoltà di prendere una decisione netta di fronte ai principi dei nostri simili: o ci si incontra coi nostri principi oppure non ci sarà relazione.
L’osservazione spregiudicata di un ordinamento legislativo permette di distinguere fra comunione e comunismo nella misura in cui nell’enorme quantità di leggi sulla produzione, ce ne sia almeno una in grado di garantire giuridicamente al cittadino il godimento dei beni. Infatti, fra produzione e godimento dei beni vi è necessariamente un rapporto funzionale, dato che se io non sono certo di godere del risultato di una mia attività, il mio incentivo a produrre viene meno.
La condizione essenziale per instaurare qualsiasi procedimento produttivo è ovviamente la certezza del diritto. Se però non solo non vi è neanche una legge che garantisca il godimento dei beni, ma tutta la legislazione inibisce al cittadino la proprietà dei mezzi di produzione, tale certezza viene meno, e di fatto tutto concorre ad espropriare il cittadino a favore dei governi. E dato che in un organismo sociale non può esistere un patrimonio senza proprietario, delle due l’una: o la proprietà è dei cittadini, oppure è dei governanti: non può essere dello Stato, inteso come pura astrazione, poiché i fantasmi non esistono!
È paradossale che proprio là dove vige il materialismo, si finisca poi per credere ai fantasmi. Ma è la verità.
Il paradosso del materialismo, tipico della cultura di Stato, consiste infatti nell’arrivare ad un’immagine indefinita e nebulosa dello Stato stesso.
Questa è l’osservazione più importante che puoi fare per sviluppare al massimo questo tuo potere genetico, connesso al diritto alla vita. Il diritto alla vita che l’animalismo reclama per gli animali, dovrebbe essere attribuirlo anche all’uomo. Ma non è così.
Infatti ogni tentativo di soppesamento materialistico degli interessi conviviali, deve necessariamente cominciare con la formazione di nostri pensieri sugli oggetti osservabili. Iniziando col pensiero, per es., della proprietà materiale o con quello dei processi materiali di produzione (o col pensiero di qualsiasi altra materia), abbiamo già di fronte due distinti gruppi di fatti: il primo è quello degli oggetti del mondo materiale, il secondo è quello dei pensieri immateriali sul primo. A questo punto cosa fa (consciamente o inconsciamente) il materialista, o il legislatore materialista, o il politico materialista? Per eliminare i pensieri immateriali, dato che essi disturberebbero la sua concezione materialistica del mondo (scrupolosamente poggiante sull’oggettività scientifica per cui è reale ciò che è materialmente percepibile, e di cui si possa legittimamente dire “prendiamo atto”), egli cerca di comprenderli, attribuendo al pensare la facoltà di prodursi nel cervello esattamente come attribuisce al digerire quella di prodursi nell’intestino, cioè concependo i pensieri come processi materiali. Cosa succede allora? Succede che attribuendo alla materia proprietà meccaniche e organiche, il pensatore (o il legislatore) materialista attribuisce alla materia anche la capacità di pensare, senza accorgersi che, così facendo, non fa che spostare il problema: invece che a se stesso, attribuisce la capacità di pensare alla materia. Ed eccolo ritornato al punto di partenza: com’è che la materia può pensare sulla propria natura, non accontentandosi di accettare senz'altro la propria esistenza?
Ecco perché salta fuori poi la cosiddetta “persona giuridica”, cioè lo Stato fantasma, formato da uomini fantasma senza sangue e senza carne: attraverso il materialismo distogliamo lo sguardo da un soggetto determinato, dal nostro proprio io, ed attribuendolo ad una “persona giuridica” da noi creata sulla carta, arriviamo ad un'immagine indefinita e nebulosa, ritrovandoci di fronte lo stesso enigma di partenza. Come fa un contenuto cartaceo a svilupparsi per esempio economicamente?
Certamente il legislatore crea leggi scientificamente esatte atte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscano lo sviluppo. Però di fronte alle persone di carne e di sangue è costretto a chiamarle “persone umane”, come se esistessero anche persone non umane!
E di fatto è così! Le persone non umane esistono, ma le ha create lui: le persone non umane, o le persone senza contenuto umano, o le persone di carta, sono infatti create con la denominazione “persone giuridiche”! Qui però vi è un sovvertimento, dato che l’io umano è trasformato in un “non-io” cartaceo (“non-io” in quanto la carta non può avere un “io”). Allora vi è qui una vera e propria deformazione pregiudiziale di ogni valore!
Proviamo allora a verificarlo nei fatti.
L’Art. 3 della nostra Costituzione infatti recita: "[…] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana […]”. Delle due l’una: o la parola “umana” è una precisazione inutile, oppure è la prova che per il legislatore esistono anche persone senza contenuto umano, dunque fantasmi. La creazione dello Stato fantasma è dunque la dimostrazione che la concezione materialistica non può risolvere il problema, ma solo spostarlo: lo Stato di uomini di carne e sangue è inteso come Stato di persone giuridiche cartacee. Infatti, là dove vi è sovvertimento o deformazione dei giudizi di valore, si generano i paradossi del materialismo, tipico delle scuole di Stato.
L'art. 6 del capitolo 1° della costituzione sovietica, affermava, per es., la seguente norma: “La terra, il sottosuolo, le acque, i boschi, le officine, le fabbriche, le miniere, le cave, i trasporti ferroviari, acquei ed aerei, le banche, i mezzi di comunicazione ecc., sono di proprietà dello Stato”, ed anche a questo punto dell’art. 6 il legislatore precisava: “cioè patrimonio di tutto il popolo”. Ma se è necessario precisare dove è facile confondere, perché deve essere necessario distinguere dove la distinzione non dovrebbe essere necessaria?
Esattamente come nell’Art. 3 della costituzione italiana è percepibile l’inutile precisazione espressa nella parola “umana”, allo stesso modo nell’Art. 6 della costituzione sovietica è percepibile l’inutile precisazione espressa nelle parole “cioè patrimonio di tutto il popolo”.
Queste inutili precisazioni sono infatti utili solo a generare di fatto deformazioni psicologiche, che portate alle loro estreme conseguenze, come teoria socialista, in ultima analisi NEGANO LA PROPRIETÀ AL CITTADINO PER ATTRIBUIRLA ALL'ORGANO STATUALE.
Quando infatti l'art. 6 parla di “proprietà di Stato”, intendendo “proprietà dell'organo dello Stato”, ha bisogno di coniare un nuovo termine: “comunismo”. Ciò significa che “communio”, l’antico termine latino già coniato dal diritto romano, che significa comunione, e che indica un modo di essere della proprietà privata, lì non conta più, anche se - e qui sta il paradosso - affermando che il patrimonio dello Stato è di proprietà di tutti i cittadini, si dovrebbe attribuirne la titolarità alla collettività, cioè alla “comunitas”, onde appunto “communio”!
Dunque la parola “comunismo” non significa proprietà di cittadino: perché LA PROPRIETÀ DI CITTADINO È (e non può essere altro che) PROPRIETÀ PRIVATA. E poiché le scuole comuniste negavano la proprietà privata sui mezzi di produzione, esse non potevano affermare di intendere la dizione del citato art. 6 della costituzione sovietica nel senso che la proprietà dello Stato sia di tutto il popolo, cioè di tutti i singoli individui che compongono il popolo!
Oggi si crede ancora che la parola comunismo significhi comproprietà, e su questo equivoco si regge fondamentalmente tutta la carica falsamente rivoluzionaria del comunismo e dell’anticomunismo attuali.
Il concetto di comunismo marxista è completamente differente ed antitetico, infatti, a quello di comunione, perché comunismo non è proprietà di popolo - vale a dire comproprietà fra i cittadini - ma attribuzione del potere patrimoniale al potere politico.
Quando però si va a vedere come si determini praticamente nella società comunista il modo di vivere degli individui, ci si rende conto che la distribuzione dei beni di consumo è attuata mediante l'esercizio di un potere discrezionale da parte dell'organo dello Stato, cioè da parte di chi detiene il potere politico.
Siccome la proprietà è "godimento giuridicamente protetto dei beni”, e siccome l'“organo” è costituito dalle sue cellule, “le persone fisiche che esercitano la funzione", quando si attribuisce la proprietà all'organo, si ammette l'assurdo che il componente l'organo possa godere per conto dei cittadini!
Il soppesamento di interessi conviviali è dunque il potere di equanimità spirituale capace di sperimentare il contenuto reale dell’idea di rapporto organico che lega lo Stato al cittadino: infatti, delle due l’una: o quel rapporto è retto secondo i principi di uno Stato di diritto, poggiante su pensiero logico conforme alla realtà, oppure non ha ragione di esistere, perché altrimenti si crea schiavitù, vale a dire un rapporto organico senza funzionalità in cui non è lo Stato che serve il cittadino, ma è il cittadino che serve lo Stato.
Il “sabato per l’uomo” di cui parlava Gesù di Nazaret è allora invertito nell’“uomo per il sabato”, appunto: lo schiavo attuale.
Quando questa deformazione psicologica si determina, all'irrazionalità dell'ordinamento corrisponde, nella pratica della vita, una concezione allucinata di tutto il mondo dei valori spirituali, perché tutti i giudizi di valore vengono deformati.
La via 18ª del soppesamento di interessi conviviali, relativa agli esagrammi 19 e 49 del tuo oroscopo genetico, è dunque la tua capacità di ponderare la differenza tra la posizione del cittadino e quella dell'uomo politico, fra il sabato per l’uomo e l’uomo per il sabato, fra communio e comunismo, fra patrimonio economico e proprietà giuridica, fra rapporti con persone umane e rapporti con fantasmi (“persone giuridiche”), fra convivialità reale e “facsimile” di convivialità, ecc.
È normale che in uno Stato di diritto meramente cartaceo vi siano problemi di giustizia, di libertà di pensiero, e di fraternità fasulla chiamata solidarietà.
Detenzioni ingiustificate di cittadini, imprigionati in quanto dissidenti rispetto a leggi da loro ritenute inique, esattamente come nei gulag o nei lager, diventano la norma sottaciuta da tutti coloro che lo Stato ha spaventato attraverso la carta, vedi per esempio in Italia la non giustificata detenzione - fino a prova contraria - di Francesco Pazienza. Al cittadino spaventato e turlupinato non resta pertanto che chiamare “Ugo” il suo cane, tanto per proiettare Fantozzi fuori di sé, e percepire da esso quell’amore, che lo Stato fantasma non può dare, dato che non può nemmeno arrivare ad animarsi animalmente, essendo di carta.