15.4.06

Via 5ª = 05-15

Potere del ritmo

Il potere del ritmo è il potere statale del diritto e il potere del cuore: perché ogni battito ha giustizia temporale e periodica in se stesso. Lo Stato è infatti il cuore dell’organismo sociale, e là dove lo Stato è anacronistico o interferisce periodicamente in campi che esulano dalla sua logica, come per esempio quella del mercato o quella della ricerca, si affanna e si ammala, generando malore in tutto l’organismo sociale.
In ogni cittadino, la percezione di sé attraverso la capacità di attendere i ritmi fissi e di rispettare i ritmi altrui, conferisce sovranità.
Il potere del ritmo riguarda infatti la sovranità della collettività. Esso scandisce un ritmo fisso universale, valido per tutti gli esseri, e conferisce nel singolo un senso di sicurezza, derivante dal fatto che tutto segue un ritmo universale.
Ecco perché chi ha questo potere genetico ama, da un lato, avere ritmi fissi e precisi nella sua vita, e quindi tende ad essere abbastanza metodico, ma non negandosi, dall’altro, il piacere di ritmi estremi, usando, sempre nella comprensione degli altri, ritmi di vita molto differenti, e preferendo la propria libertà di fluire, nell’accettazione della immensa diversità di tutte le forme viventi.
Questo tuo potere di armonizzare cosmicamente i tuoi ritmi personali ti dona un particolare magnetismo: la tua abilità di accettare senza giudicare i ritmi degli altri consiste nella tua particolarmente luminosa aura e amplifica il potere e l’attrazione del tuo monopolio magnetico.
Tutti gli esseri hanno bisogno di essere alimentati dall’alto. Ma l’elargizione di alimento ha il suo tempo e bisogna attenderlo. Le nuvole nel cielo elargiscono la pioggia che rallegra tutto ciò che cresce, munendo l’uomo di cibo e bevanda. Questa pioggia viene a suo tempo. La vera forza non agisce precipitosamente davanti al pericolo ma sa attendere, mentre è solo la debolezza che davanti al pericolo finisce con l’agitarsi, dato che non ha la pazienza di attendere.
Nella misura in cui sei verace hai luce e riuscita. Persevera riuscirai. Attendere non è vano sperare in quanto hai la certezza interiore di farcela. Solo questa certezza interiore da’ l’unica luce adatta alla riuscita, e ciò ti porta a perseverare promuovendo in te salute e forza per il tuo percorso.
Se un pericolo ti sta davanti, devi superarlo. Debolezza e impazienza non ti servono. Solo il forte può affrontare il suo destino, dato che è capace di perseverare nell’attesa (esagramma 05) e nella sua interiore sicurezza: vera forza. Questa forza si manifesta attraverso veracità inesorabile. Sai vedere le cose come sono, guardandole diritte in faccia. Ecco perché dagli avvenimenti sai scorgere la luce necessaria a riconoscere la via per riuscire. A questo riconoscimento deve seguire decisamente il tuo agire perseverante: poiché soltanto se si va decisi incontro al proprio destino si può affrontarlo. Allora si può attraversare la grande acqua, cioè decidersi e superare il pericolo.
Le nuvole che salgono nel cielo offrono l’immagine dell’attesa. Così l’essere umano nobile, nell’attesa, mangia e beve, ed è lieto e fiducioso: quando le nubi salgono nel cielo è indizio di pioggia. Non si può fare altro che attenderne la caduta.
Così avviene anche nella vita quando un destino si prepara. Finché il momento non è ancora giunto non bisogna darsi pensiero, né voler plasmare il futuro intervenendo e affaccendandosi. Occorre invece accumulare tranquillamente forza, per il corpo, mangiando e bevendo, per lo spinto, stando allegri e di buon umore. Il destino sopravviene spontaneo, da solo. Allora si è pronti.
Il rappresentante del cielo in terra è come un’altura montana capace di elargire benedizioni del cielo: le nubi e la pioggia che si radunano attorno alla sua cima, e di farle discendere, per poi splendere trasfigurato da luce celeste. Ciò mostra la sua modestia (esagramma 15; la qualità della terra è infatti lo stare in basso, e proprio perciò l’altura terrestre stando al di sopra è qui esaltata come modestia) e l’effetto di questa modestia in uomini elevati e forti, che ne vengono anch’essi esaltati.
La modestia crea riuscita nella tua nobiltà d’animo, e pertanto non puoi non riuscire a portare a termine i tuoi progetti.
Antichissima legge di natura celeste è quella del vuotare ciò che è colmo e di riempie ciò che è modesto: quando il sole sta al culmine deve volgere al tramonto seguendo la legge celeste, e quando sta nel punto più profondo sotto la terra va verso un suo nuovo sorgere. Secondo la medesima legge, quando la luna è piena, cala, e quando è vuota ricomincia a crescere. Questa legge celeste opera anche nel destino degli uomini: il pieno si modifica ed finisce nel modesto; i monti alti vengono asportati dalle acque, e le vallate riempite. La legge delle potenze del destino è quella di danneggiare ciò che è pieno e di elargire fortuna a ciò che è modesto.
Anche gli uomini odiano il pieno ed amano il modesto. I destini seguono leggi fisse, che si esplicano con rigore. Ma è nel potere dell’uomo plasmare la sua sorte a seconda del suo comportamento esponendosi all’influenza di forze benigne o a quella di forze deleterie. O grande anima! Essendo in alto e mostrandoti modesta splenderai nella luce della saggezza. Essendo in basso e mostrandoti modesta, nessuno potrà scavalcarti. Così il nobile che è in te riesce a portare a termine la sua opera, e non si vanta della cosa compiuta.
Osserva un’altura, una montagna. È l’immagine della modestia. Così il nobile diminuisce quello che è troppo, ed aumenta quello che è poco. Egli pondera le cose e le rende uguali. Alto e profondo allora si compensano, ed il risultato è la pianura.
Così dovrebbe agire il politico onorevole quando mette ordine in terra: compensare i contrasti sociali che sono le fonti di discordia, creando condizioni eque e piane, dato che chi si innalza sarà abbassato e chi si abbassa dovrà essere innalzato: “Tutte le valli dovranno essere innalzate e tutte le montagne e colline dovranno essere abbassate, e ciò che è disuguale dovrà diventar piano, e ciò che è gibboso diventare liscio” (Isaia 40,4). Nella Bibbia Dio umilia il superbo, e da’ grazia all’umile, ed anche nella religione dei Parsi vi sono tratti simili. Lo stesso vale per la concezione greca dell’invidia degli dei.
La verità è infatti una sola, e consiste nell’equità (epicheia) del ritmo, che fa della storia qualcosa di sacro, testimoniato da ognuno dei 26 patriarchi della Bibbia, nonché dal numero 26 stesso, somma dei valori numerici del nome di Dio. Quanto segue ne è solo un accenno, tanto per caratterizzare anche da questo punto di vista questo tuo potere ritmico.
Il più grande avvenimento ritmico della storia è quello dell’anno platonico, la cui durata (precessione equinoziale) è di 26 mila anni.
Una simile durata ne fa non un processo ma un evento cosmico, evento che i re magi attendevano nell’anno zero. Sono passati solo due millenni da allora, e non si è ancora ben capito cosa avvenne 2000 anni fa.
Gli avvenimenti a cui si riferiscono i quattro vangeli e i fatti (Atti) degli apostoli, come pure i principali eventi dei primi secoli cristiani, trascendono la semplice storia terrestre, dato che attraverso quegli avvenimenti penetra nella storia della terra un elemento ultraterreno: il cielo diventa terra, e “Dio si fa uomo attraverso l’Agnello cosmico”. Questa espressione non è solo un modo di dire mistico, ma poggia sul fatto astronomico della coincidenza iniziale della nostra era fra costellazioni celesti e segni zodiacali. Solo nel tempo del “cristianesimo primitivo” infatti costellazioni reali e segni zodiacali coincidevano, e solo allora le immagini del cielo potevano evocare realmente per esempio l’avvento precessionale dell’Agnello cosmico. Nell’astrologia “caldaico-nestoriana-ebraica”, il segno dell’“Agnello” non era altro che il segno zodiacale dell’Ariete, evocatore della testa umana, o del cranio, in ebraico ghilgulét, latinizzato poi in “Golgotha, località presso Gerusalemme, dove fu crocifisso il Redentore” (1).
All’inizio della nostra era, traspariva dunque più distintamente che in qualsiasi altra epoca, attraverso immagini fenomeniche visibili dalla terra, la sfera celeste degli archetipi e dei fenomeni prototipici, ed assumeva corpo un’essenza spirituale, ultraterrena e sovrumana: un essere che, concludendo il ciclo dell’anno cosmico che dalla costellazione dei Pesci a quella dell’Ariete, descriveva e descrive il circolo dello zodiaco in un periodo precessionale di 25920 anni, che l’astronomia odierna arrotonda, appunto, a 26 mila anni. Ventisei furono i patriarchi biblici… Ventisei sono le unità che costituiscono il famoso “nome impronunciabile” Yhwh…
Ecco dunque perché il tracciare la storia del cristianesimo e della chiesa, così come essa ci è stata imposta dalla cultura di Stato, senza accennare al cristianesimo primitivo, è qualcosa di deforme, che non può essere accettata, dato che tale storia può essere giustificata, solo dove si compia, per lo meno, il tentativo di rendere visibile, attraverso la molteplicità dei particolari, la grande unità e totalità spirituale che la riguarda.
Invece, nella misura in cui questo tentativo riesce, attraverso tutti gli eventi narrati emerge un volto, appartenente a un cranio (ghilgulét), tramite il quale diviene possibile riconoscere che il cristianesimo primitivo è un’entità vivente, un genio divino-umano.
Se poi si dirige l’attenzione sull’amorevole azione di liberazione cosmica, compiuta da quell’entità, si può perfino affermare che il cristianesimo primitivo è un uomo reale definitivamente incarnato (2).
Nelle consuete trattazioni storiche, al cristianesimo primitivo non viene dunque riconosciuto il valore che ad esso compete.
Perché? Io rispondo dicendo che l’uomo reale, cioè l’umanità, disturba l’uomo fasullo, il quale fa di tutto perché l’Avvento non avvenga.
La libertà infatti spaventa… Fa male…
Per cui si assiste sempre più a fatti che confermano che se da un lato “la verità fa liberi”, dall’altro, la menzogna fa “credenti”!
Ed è proprio attraverso questa “logica” della paura e della menzogna che ci si adagia poi nella fede della religione della BCE o di Bankitalia.
La separazione della trattazione del nuovo testamento da quella della storia reale del cristianesimo, ha come conseguenza che i fatti esposti nel nuovo testamento non vengano presi sul serio, dato che
il loro nucleo centrale, che è punto di svolta di tutta la storia dell’umanità, è sconfessato. Ed è proprio così che la storia delle confessioni religiose viene privata della sua base spirituale e della sua sorgente, vale a dire della sua realtà originale, che è insieme terrena e celeste in senso astronomico: la comparsa dell’io nell’uomo, che precedentemente indicava se stesso in terza persona singolare, attraverso espressioni come “l’anima mia”, “il mio spirito”, “il mio cielo di nascita”, ecc.
Insomma, quanto più l’evento cristico verrà riconosciuto come il punto centrate dell’INTERA storia dell’umanità, tanto più impossibile diventerà il prescindere, per la storia del cristianesimo, da quella dell’umanità pre-cristiana.
“Non si comprende” - scrive Emil Bock – “perché i teologi cristiani debbano attribuire ancora tanto valore allo studio dell’Antico Testamento; e si perde di vista l’intima universalità essenziale del cristianesimo e il suo valore umano universale. Solo imparando a ravvisare nella storia dell’Antico Testamento, come pure nelle altre correnti religiose dell’umanità, la storia precristiana del cristianesimo, i destini dell’entità Cristo precedenti la sua incarnazione, solo allora gli eventi precristiani riacquistano il loro significato più profondo e il cristianesimo il suo valore assoluto. Allora peraltro si rende necessario di riallacciare organicamente la storia cristiana alla precristiana, le vicende narrate nel Nuovo Testamento alla storia esposta nell’Antico. Il cristianesimo primitivo può venir compreso solamente partendo da una totalità veramente universale, che comprenda tutto, o non viene compreso affatto” (3).
Invece i misteri del mondo antico che si avvicinava alla sua fine vennero - e vengono ancora - tenuti deliberatamente segreti.
Infatti chi parla oggi del Golgota?
Trattare storicamente del “mistero del Golgota” e del particolare carattere dell’ambiente in cui esso venne a svolgersi (carattere che conferisce all’ambiente stesso qualche cosa di affine ai “misteri”), è impresa che richiede meraviglia e coraggio. E ciò è alquanto difficile per l’uomo senza meraviglia dei nostri giorni, la cui mentalità scettica e agnostica arriva solo all’antilogica. Oggi l’uomo vive come un decapitato.
L’evoluzione procede infatti non solo verso l’alto ma anche verso il basso, là dove cadono, grazie alla forza di gravità, le teste mozzate cadono. Ed oggi le teste cadono come 2000 anni fa. Allora cadevano perché il senso dell’io umano cominciava a farsi sentire sul luogo del cranio o golgota. Oggi questo nome è divenuto un tabù proprio per ciò che evoca: il capo umano. Quale confessione religiosa ne parla?
Oggi la pace fra le religioni non è raggiunta. E ciò nonostante si pretende creare un nuovo ordine mondiale attraverso democrazie armate, senza minimamente accorgersi che il problema da risolvere è innanzitutto l’anacronismo.
Come fa un nuovo ordine mondiale a manifestarsi con la legge del taglione del vecchio mondo?
Infatti le attuali teste mozzate riguardano uomini che si fanno soldati (assoldati) in nome dei soldi, vale a dire del dio pecus.
Ieri non si moriva solo per il proprio pane, ma per il pane spezzato per tutti.
Ciò che è rimasto identico a ieri è dunque l’identico impulso al massacro (4). Infatti l’antico impulso alla carneficina era, esattamente come oggi, quello di eliminare la nuova mentalità.
Infatti tanto le proscrizioni di Silla, quanto quelle di Ottaviano nascevano dall’avversione per il nuovo modo di pensare. Si facilitava così il trionfo della corrente egizio-diadòcica decadente, che stava sfociando nella storia romana, eliminando in quel modo i veri figli ed i rappresentanti della nuova umanità dell’io, nata da anelito cristico, vale a dire dal potere reale del tempo, del nuovo, di buone nuove (in greco “eu”, “bene”, “aggelion”, “notizia”, in latino: “”evangelium” ).
Ecco perché in eventi di 2000 anni fa è possibile scorgere scene che sono veri e propri simboli di storia universale, aventi pari dignità di qualsiasi storia sacra: Antonio, istigato dalla moglie Fulvia, piena di fanatico odio, comandava che gli fosse portata la testa di Cicerone, e dileggiando cinicamente quella vista orrenda, gli conficcava spilli negli occhi. Cleopatra offriva a Cesare la testa di Pompeo, ed Erodiade contemplava trionfante la coppa sanguinosa recante la testa di Giovanni il Battista. Gli spiriti della sfrenata sete di potere, spettri di un mondo sommerso, odiavano l’uomo nuovo, libero… ODIANO l’uomo libero… Esattamente come oggi.
Odiavano soprattutto la luce dell’io, che sorgeva come una stella sulla fronte dell’uomo, e che sul “luogo del Cranio” (Golgota), segnava col sangue la presenza dell’IO SONO sul pianeta.
Il cranio umano racchiudeva e racchiude la possibilità della liberazione dalla schiavitù.
Nel luogo del cranio umano, il pensare universale poteva essere colto, e l’io sollevarsi, innalzarsi, sorgere e risorgere. Perciò si superava la paura: quella delle belve del Colosseo, quella delle teste mozzate dei proscritti, che venivano ammonticchiate in orride piramidi, come monito imperiale al popolo, e quella dei sicofanti, scribi, camerieri come sempre dei cambiavalute e dei “venditori di colombe”, chiamati da Gesù di Nazaret “razza di vipere”, ipocriti e vanitosi, che dicono e non fanno, che legano pesanti imposte sulle spalle della gente, ed alle quali non vogliono minimamente partecipare, facendo di tutto per essere ammirati, chiamati padri o signori, contrariamente alla parola “non chiamate nessuno signore sulla terra” (Matteo 23,3-12), e imponendo il signoraggio bancario perfino sull’uso della cartamoneta! Non sono cose di ieri, ma di oggi.
L’inizio del primo millennio, e l’inizio del terzo, portano con sé le stesse immagini.
Forse insegnano che qualcosa l’uomo attuale deve cambiare.
Eppure si va ancora verso conati antistorici ed anacronistici per la medesima volontà di 2000 anni fa di eliminare il nuovo, cioè l’individualità. E tutto questo si fa, in nome della specie, o del partito, o dei crocchi, che imperterriti vorrebbero continuare la loro corsa, non più con l’odio verso l’io, ma ad estirpazione dell’io già avvenuta, dato che la decerebrazione in nome del dio pecus è oggi oramai norma normata.
In questo periodo storico, pieno di preparativi per il “nuovo ordine mondiale”, ciò che sta succedendo nel cielo dei Pesci (segno zodiacale rappresentativo dei piedi) e nel gioco del calcio, comunica per filo e per segno ciò che le teste umane dovrebbero recepire: l’asse Pesci-Vergine dovrebbe comunicare all’asse Ariete-Bilancia che l’epicheia, cioè l’equità reale, urge all’uomo, e solo essa dovrebbe muoverlo. Dovrebbe. Ma non lo muove. Perché?
A questo punto si pensi ad un gregge. Chi ha fatto l’esperienza dell’attraversamento di un gregge con la propria auto, ha potuto farlo solo grazie all’intervento di pastori, dato che le pecore, i cui centri neurovegetativi della paura sono ottusi, non arretrano di fronte alla vista di un veicolo. Così è il gregge dell’attuale pseudo umanità: l’uomo si è fatto pecorone. Crede solo nel dio pecunia. E crede più in questo dio pecus che in se stesso. Perciò non può che essere sempre più soggetto a questo suo credo, vale a dire sottomesso, soggiogato.
Le parole chiavi “io sono”, relative all’Ariete, “io credo”, relative ai Pesci, e “io so”, relative all’Acquario, sembrano anzi non avere più nemmeno correlazione precessionale.
L’uomo senza meraviglia sembra sempre più uno che non sa e che “non ne vuole sapere”.
L’avvento di una nuova razza umana schierata contro l’individualità in favore della specie è l’avvento della vera guerra santa connessa col POTERE DEL RITMO, che tu porti in te

NOTE
(1) Vedi alla voce in Ferruccio Calonghi, “Dizionario della lingua latina, Vol. 1°, Ed. Rosenberg & Sellier, Torino, 1951.
(2) http://digilander.libero.it/prigionieropolitico/cosmos.jpg
(3) Emil Bock, “Cesari e apostoli”, Ed. Bocca, Milano, 1954.
(4) Cfr. Antonio Greni, “Apologia del massacro”, Ed. del Leone, 1992.