10.4.06

Via 20ª = 23-43

Patrimonio e proprietà del linguaggio
È il potere di chi appare taciturno, ma che quando incomincia a parlare tutti lo ascoltano e si vorrebbe continuasse il suo dire. Le forze interiori dello sgretolamento capace di frammenta le intolleranze eliminandole (esagramma 23), e la conseguente decisione (esagramma 43), operano come positiva facoltà di ascoltarsi dentro, capace di illuminare la veggenza personale e l’esperienza del concetto, incrementandole come facoltà dialettica dello “straripamento” del bene, senza compromesso alcuno col male. L’apparente frammentarsi del linguaggio, che riguarda questo potere genetico, diviene allora parola solare, proprietà di linguaggio, successiva al lavoro interiore di discernimento concettuale.
Senza questo lavoro interiore saremmo portati ad ascoltare solo noi stessi in meri soliloqui, e diverrebbe difficile apprendere qualcosa: la mia proprietà di linguaggio progredisce nella misura in cui uso consapevolmente il patrimonio della lingua.
L’uomo tende alla verità nella misura in cui impara a formularla attraverso il patrimonio del linguaggio: il bambino impara infatti prima a pronunciare la parola e poi, a partire dal suono, sviluppa l’essenza della verità. Ma inizialmente riesce solo a balbettare: ba, ba, ma, pa, ecc.: sperimenta inizialmente la parola; successivamente sperimenta il contenuto concettuale, acquisendo proprietà di linguaggio. Questa dinamica di apprendimento passa di solito inosservata, e ciò comporta due guai: il primo è una pedagogia di Stato in cui la proprietà di linguaggio è inculcata nei bambini come se i bambini fossero sacchi da riempire di astrazioni, senza estrarre maieutiucamente nulla dei loro effettivi talenti, che portano con sé come loro personale reminiscenza di vita prenatale. Il secondo è lo stato di “in”-“differenza” in cui economia e diritto, prendendo l’una il posto dell’altro, generano carestia in tutto l’organismo sociale. Patrimonio è un concetto economico. Proprietà è un concetto giuridico. Chi non distingue essenzialmente questi due concetti pensa in modo astrattamente logico o giuridico, ma non in modo conforme alla realtà.
La confusione fra patrimonio e proprietà dipende infatti dall’abitudine ad usare i concetti, così come li apprendiamo mnemonicamente dai libri, senza sperimentarli interiormente. In tal modo ne perdiamo i contenuti o li scambiamo con altri (trasformismo concettuale), anch’essi superficialmente intesi.
Il contenuto del concetto di “patrimonio” è infatti essenzialmente economico non giuridico: io uso un bene patrimoniale per merito - risparmio, sacrificio, sudore, ecc. -, non per incartamenti giuridici che ne attestano la proprietà, perché la carta è successiva, e non precedente, alla soddisfazione proveniente da quel merito, come bene patrimoniale. Infatti la valutazione patrimoniale consente, sì, di qualificare un bene come idoneo a soddisfare un bisogno; dunque può, sì, essere oggetto del diritto, ma può anche non esserlo. Una cosa è certa: che comunque tale valutazione non può trasformare l’essenza economica del patrimonio in un’altra essenza, vale a dire giuridica.
Diverso è infatti il concetto di proprietà essenzialmente giuridico.
La confusione fra questi due concetti genera in ultima analisi una specialissima schizofrenia economico-politica in cui due concezioni antitetiche del diritto di proprietà si fanno consociativismo occulto e manipolazione dei capitali del cittadino, generando schiavitù: da un lato, la proprietà è intesa come strumento PER la persona fisica (il sabato PER l’uomo di cui parlava Gesù di Nazaret); dall’altro è intesa come strumento personificato (materialismo giuridico in cui si tratta il diritto come invenzione - o magia nera creatrice - della cosiddetta “persona giuridica”), come documento, carta.
Attraverso lo studio di questo tuo potere genetico puoi entrare qui in un aspetto della dialettica di ogni politica sociale: il “socialismo” è infatti, da questo punto di vista, il compromesso fra le due concezioni della proprietà sopra caratterizzate, il cui risultato disastroso è percepibile come sintomo di deficiente macchinazione umana a danno di tutti, e dunque di “sgretolamento” materiale reale (esagramma 23), causato da pensiero debole, cioè da insufficiente
lavoro interiore di discernimento concettuale (esagramma 43).
Anche nel parlare, la proprietà di linguaggio è successiva e non precedente alla mia esperienza del patrimonio linguistico universale. Se la proprietà di linguaggio fosse precedente, non vi sarebbe teleologia (studio della finalità, logica dello scopo, dal greco télos, "fine", e lógos, "discorso") e quindi in definitiva non vi sarebbe senso della vita e del mondo, dato che tale senso solo la persona reale in carne ed ossa è in grado di sperimentare, e che la persona di carta (“persona giuridica”) non può assolutamente possedere. Questo potere genetico è dunque una facoltà umana che esige particolare cura interiore, dato che tradurre in parole esatte ciò che avverti in te come interiore conoscenza, a volte è difficile. Questo è tuttavia proprio un tuo grande talento, senza il quale saresti trattato da outsider o frainteso, innescando un circolo chiuso a sua volta generatore di ulteriore difficoltà ad esprimere esattamente o nel momento opportuno i concetti: un problema di forma, che tu però impari a risolvere momento per momento, attendendo con pazienza il giusto momento e il modo adatto, e conformando il linguaggio a dati reali. In ciò consiste la tua possibilità di evoluzione, che ti rende geniale, e precursore.